Si muove come una pianta, anche se in effetti sembra un po’ un serpente: si chiama FiloBot ed un robot in grado di muoversi nell’ambiente come i rampicanti. Di più: sviluppato a Genova dall’Istituto Italiano di Tecnologia, è anche in grado di costruire autonomamente il proprio corpo grazie a una tecnica di stampa 3D direttamente integrata al suo interno.
L’invenzione, di cui recentemente ha scritto anche la rivista scientifica Science Robotics (qui) potrà trovare applicazione nel monitoraggio ambientale e nella perlustrazione di ambienti naturali complessi o difficili da raggiungere.
Un robot che si muove e ricostruisce se stesso
All’interno di IIT, la ricerca è stata realizzata dal gruppo coordinato da Barbara Mazzolai, che lo scorso maggio ci aveva parlato proprio dei vantaggi della cosiddetta soft robotics, ai cui princìpi si ispira anche FiloBot. Secondo quanto spiegato, l’idea nasce dall’osservazione delle piante e dalle loro strategie di esplorazione ambientale: in particolare, il progetto europeo GrowBot, coordinato appunto da Mazzolai, mirava a trarre ispirazione dai rampicanti, che mostrano notevoli capacità adattative grazie ai loro corpi flessibili.
Queste piante si muovono grazie alla divisione cellulare e all’allungamento, permesso dai germogli e dalle radici in risposta a stimoli esterni, come luce o gravità, e FiloBot è stato ideato proprio perché possa costruire il proprio corpo crescendo da una delle sue estremità (quella caratterizzata da una sorta di testa). Questa funzionalità è resa possibile da una tecnica di stampa 3D additiva che è stata integrata nel robot stesso: il materiale usato è una termoplastica che viene stesa sotto forma di filo che gira intorno all’asse del corpo del robot. Questa tecnica dovrebbe consentire al robot di adattare in modo passivo la propria forma all’ambiente con cui entra in contatto, dunque sfruttando le proprietà del materiale di cui è composto e anche copiando le caratteristiche del luogo in cui si trova.
A che serve un robot come FiloBot?
Il movimento di FiloBot è guidato da alcuni sensori ambientali che riproducono le capacità sensoriali delle piante rampicanti: il robot è in grado di sentire la forza di gravità e di analizzare il tipo di luce che lo circonda, e di conseguenza determinare anche in modo attivo la direzione di crescita. Esattamente come fanno le piante: “La natura sessile delle piante ci porta a pensare che non si muovano, ma invece si muovono continuamente in modo mirato, efficace ed efficiente, solo che lo fanno su una scala temporale non facilmente percepibile dall’essere umano se non attraverso strumenti di osservazione come il timelapse – hanno spiegato Mazzolai ed Emanuela Del Dottore, prima autrice dello studio pubblicato su Science – Per spostarsi da un punto all’altro, le piante devono crescere e adattare continuamente il loro corpo alle condizioni ambientali esterne. Alla luce di questa osservazione, abbiamo compreso come la crescita apicale sia un prerequisito importante per esprimere una forma di movimento e adattamento nei robot come nelle piante”.
Le funzionalità racchiuse in FiloBot gli consentono di spostarsi in ambienti non strutturati in modo adattivo, riducendo i costi di costruzione in termini di energia e impiego di materiale: queste capacità di adattamento potrebbero rivelarsi preziose per applicazioni di monitoraggio ambientale, per accompagnare operazioni di perlustrazione in ambienti complessi, misurare i livelli di inquinamento in aree pericolose, esplorare ambienti naturali o in generale in applicazioni in cui è difficile prevedere o pilotare un percorso esatto attraverso terreni sconosciuti e mutevoli.
Fonte : Repubblica