Sono molti i fenomeni naturali che ancora non comprendiamo a fondo, e molti quelli di cui neanche conosciamo l’esistenza: un esempio sono le particelle simili a virus (o, meglio, a viroidi) descritte in uno studio attualmente disponibile su bioRxiv e in attesa di essere sottoposto al processo di peer reviewing. La cosa incredibile è che queste “particelle” che fino ad oggi non sapevamo nemmeno esistere si trovano all’interno dei batteri che popolano la nostra bocca e il nostro intestino. Ecco che cosa è emerso esattamente dallo studio guidato da Andrew Fire, docente presso l’Università di Stanford (Stati Uniti), insignito nel 2006 insieme a Craig Mello del premio Nobel per la fisiologia e la medicina.
Lo studio
Gli autori della ricerca hanno proposto di chiamarli “obelischi” a causa della forma allungata che il materiale genetico di cui sono costituiti tende ad assumere. Ma che cosa sono esattamente e come sono stati scoperti? A differenza dei virus, che sono costituiti da materiale genetico (Dna o Rna) e da un involucro proteico (capside) che lo contiene, gli obelischi sono formati solo da sequenze di Rna lunghe mediamente mille nucleotidi. Il gruppo di ricerca li ha scoperti analizzando un totale di 5.4 milioni di dataset contenenti sequenze genetiche pubbliche.
In particolare, come spiega una news di Science, i ricercatori hanno sviluppato un software che andasse alla ricerca di sequenze di Rna “circolari”. Questa proprietà, che può essere predetta in base alla successione di nucleotidi che formano la sequenza di Rna, è caratteristica di alcuni tipi di virus e dei viroidi. Questi ultimi, come gli obelischi, non hanno un capside, e il loro materiale genetico non sembra essere in grado di codificare “così com’è” per specifiche proteine. Al contrario, l’Rna di cui gli obelischi sono costituiti codifica per una classe di proteine che gli autori propongono di chiamare “oblins”.
Molte domande aperte
Insomma, gli obelischi non assomigliano a nessun microrganismo o agente biologico noto e “comprendono una classe di diversi RNA che hanno colonizzato, passando inosservati, i microbiomi umani e globali”, scrivono gli autori. Sequenze genetiche relative ad obelischi sono infatti state individuate nel 7% dei batteri che colonizzano l’intestino umano e addirittura in circa il 50% dei batteri del cavo orale.
Quale sia la funzione degli obelischi, se ne hanno una, non è chiaro. Analogamente, non sappiamo quale sia il loro impatto sui microrganismi che li ospitano o in che modo riescano a replicarsi. Non resta che attendere la prossima puntata per saperne di più.
Fonte : Wired