Gli agricoltori con le bandiere gialle del secondo sindacato agricolo francese più grande, la Coordination Rurale, arrivati a Bruxelles in settimana, chiedono che li si lasci lavorare in pace. Vogliono che l’Unione Europea la smetta di regolamentare le loro fattorie, mentre il settore soffre la concorrenza di paesi stranieri con prezzi più bassi e normative ambientali più lasche. Succede anche altrove: migliaia di trattori in tutta Europa hanno sfilato nelle ultime settimane, sostenendo che la riconversione verde è una fregatura e chiedendo la liberazione da una élite di tecnocrati senza volto. La destra estrema ha capito che il piatto è ricco e ci si sta ficcando.
La crisi in Germania
In Germania, minacciato dal secondo anno di recessione consecutivo, il cancelliere tedesco Olaf Scholz si trova sotto la pressione delle proteste degli agricoltori e dei ferrovieri che stanno paralizzando il paese, mentre la sua coalizione cola a picco nei consensi e gli ultranazionalisti dell’AfD (Alternative für Deutschland) sono il secondo partito nei sondaggi, dopo i cristiano-democratici. Attualmente, a causa dell’impatto dell’aumento dei costi energetici e della diminuzione della domanda industriale, è sulla via di altri 12 mesi caratterizzati da una crescita stagnante.
Lo scorso anno, una sentenza del tribunale ha stabilito che il governo tedesco non poteva continuare a destinare i fondi destinati alla pandemia per incentivi e sussidi di Stato. Di conseguenza, piegandosi al ritorno dell’austerità, Scholz si è trovato a dover affrontare un deficit di 60 miliardi di euro e a rivedere le voci di spesa. Secondo gli agricoltori, al posto di conservare i sussidi per il carburante, i fondi sono stati indirizzati verso sussidi per la produzione di chip e per l’energia pulita. “Senza agricoltori: niente cibo, niente futuro“, si leggeva su uno degli striscioni esposti dai manifestanti.
Fronte orientale
Stessa storia in Polonia e Romania, dove ci si è messa di mezzo anche la geopolitica: agricoltori e camionisti hanno bloccato le strade in protesta contro la decisione di Bruxelles di sospendere i dazi doganali su merci ucraine a seguito dell’invasione su vasta scala di Mosca. Una mossa che considerano concorrenza sleale. I due paesi sono tra i più fieri sostenitori dello sforzo bellico di Kyiv, con ampi segmenti di popolazione eurofila e atlantista. Ma alla pancia non si comanda, e dall’idealismo anti-russo al risentimento contro i mercati troppo aperti c’è una strada che potrebbe condurre a fratture importanti, nel fronte anti-Putin.
In tutti questi paesi invasi da chi campa della terra, le proteste sono state accaparrate non dalla sinistra fu no global, campesina, bensì da una galassia movimenti di estrema destra che vanno dall’euroscetticismo libertario al neofascismo rurale, impegnati sfruttare il malcontento degli agricoltori per ottenere vantaggi politici in vista delle elezioni europee in giugno. Dove già i nazionalisti sembrano poter farla da padrone, e i socialdemocratici già cupi per ulteriori rovesci.
Fonte : Wired