Si apre lunedì 29 gennaio il processo a Ilaria Salis, l’insegnante 39enne di Monza detenuta da quasi un anno a Budapest con l’accusa di aver aggredito due estremisti di destra.
Salis è costretta alla “detenzione preventiva” in un carcere di massima sicurezza dall’11 febbraio 2023. Secondo le autorità locali avrebbe aggredito alcuni neonazisti durante la manifestazione del Giorno dell’onore, che riunisce nella capitale ungherese migliaia di estremisti di destra, per festeggiare un battaglione nazista che tentò di impedire l’assedio della città da parte dell’Armata Rossa. Le autorità ungheresi sostengono che Ilaria Salis farebbe parta di un gruppo organizzato e che avrebbe pianificato le aggressioni.
Salis è difesa dall’avvocato Gyorgy Magyar, per il legale non ci sono prove della partecipazione di Salis all’aggressione. Ilaria si dichiarerà non colpevole “così – ha aggiunto Magyar, il cui studio legale è noto in Ungheria per l’impegno nei diritti umani – è sicuro che il processo continuerà con udienze di merito”. Per Salis la Procura, nell’atto di rinvio a giudizio, lo scorso novembre ha chiesto 11 anni di carcere mentre ed è stata respinta nei mesi scorsi la richiesta di concederle i domiciliari.
I familiari di Ilaria Salis hanno lanciato una petizione per la sua liberazione. Nei mesi scorsi il padre ha denunciato le condizioni di detenzione della figlia chiedendo più volte l’intervento delle autorità italiane, inizialmente accusate di immobilismo dai familiari della donna. Situazione mutata in parte dopo il colloquio del padre col ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha poi incontrato a Bruxelles il suo omologo ungherese Peter Szijjarto a cui ha chiesto per Salis “un trattamento rispettoso delle regole e della dignità della persona, eventuali soluzioni alternative alla detenzione”.
“In carcere tenute al guinzaglio e legate”
“Topi, piccioni, cimici, catene, maltrattamenti e botte, lì dentro abbiamo visto di tutto, è un posto fuori dal mondo pieno di cose storte. E lei ha paura di restarci per sempre”. Sono le parole di Carmen Giorgio, 43 anni, bresciana, che per tre mesi è stata la compagna di cella di Ilaria Salis in un carcere di Bucarest. La donna in un’intervista a La Repubblica ripercorre quei mesi: “All’inizio pensava come me che fosse uno scherzo, che ci avrebbero fatte uscire. Poi ha capito che volevano fargliela pagare. Per sei mesi non le hanno concesso telefonate. Ti trattano da cani, le guardie sono quasi tutti uomini, ti urlano in faccia, ti portano in giro legata mani e piedi a un cinturone che l’agente tiene con una specie di guinzaglio. L’ultima volta che l’ho vista, una settimana fa, le si leggeva in faccia la paura di restare”.
Fonte : Today