Dopo aver stravinto le primarie del partito Repubblicano in Iowa la settimana scorsa, l’ex presidente degli Stati UnitiDonald Trump ha vinto anche quelle del New Hampshire. Non con il largo vantaggio che molti ipotizzavano, ma le ha vinte, e questo vuol dire che la partita all’interno del “Grand old party” repubblicano è in sostanza già decisa: sarà lui di nuovo il candidato alle elezioni presidenziali di novembre, dopo esserlo già stato nel 2016 e nel 2020. Era dai tempi di Grover Cleveland – 130 anni fa – che un ex presidente non tentava di essere rieletto per un secondo mandato non consecutivo dopo aver perso un’elezione presidenziale.
La sconfitta dello pseudo-trumpismo
Secondo molti non esistono rivali in grado di mettere a rischio la maggioranza di consensi che Trump ha già ottenuto tra i Repubblicani. Nikki Haley, ex ambasciatrice presso le Nazioni Unite, di gran lunga preferita dalla vecchia guardia neoconservatrice, si è dimostrata un fuoco fatuo. E pure Ron DeSantis, il governatore della Florida ancora più reazionario di Trump su immigrazione e cultura woke – oltre che grande amico di Elon Musk – ha alzato bandiera bianca. Quasi tutti gli altri sfidanti si sono ritirati nei mesi scorsi, dopo risultati disastrosi nei sondaggi.
Non è questione di mancanza di fondi. Con Haley, per esempio, si erano schierati grandi nomi dell’economia statunitense, come Jamie Dimon, amministratore delegato di JPMorgan Chase. Il problema è che alcuni si erano convinte che negli Stati Uniti ci fosse ancora spazio per un reaganismo basato su tasse leggere, posizioni moderate sulle questioni etiche e interventismo contro i nemici dell’Occidente all’estero. Ma il repubblicano medio, oggi, questa ricetta non la vuole più. Anche se, a guardare i sondaggi, la maggioranza degli statunitensi sarebbe più felice se né l’attuale presidente Joe Biden né Trump si presentassero alle elezioni.
Un terremoto in politica estera?
Molte preoccupazioni tra gli europei sono legate alla posizione che Trump potrebbe assumere nei confronti della Nato se venisse eletto presidente. Sul sito web della sua campagna presidenziale, si promuove “un riesame approfondito del senso e della missione della Nato“, e le sue precedenti dichiarazioni su un’organizzazione da lui definita “obsoleta“ e basata su un accordo sfavorevole a Washington sono ancora fresche nella memoria di tutti.
Quello che pare certo è che un eventuale ritorno di Trump alla Casa Bianca farebbe tremare Kyiv. Il neoeletto presidente, infatti, potrebbe ritirare il sostegno statunitense, lasciando l’Ucraina dipendente dalla sola assistenza europea e vulnerabile alla Russia. Ma è realistico pensare che anche Biden, una volta confermato, possa decidere di spingere l’Ucraina verso le negoziazioni, esercitando pressioni sulla presidenza di Volodymyr Zelensky affinché adotti obiettivi più realistici. Tuttavia, Trump, da sempre sprezzante nei confronti della resistenza Ucraina, potrebbe accelerare in modo brusco il disimpegno, favorendo gli obiettivi bellici della Russia.
Fonte : Wired