Alain Delon ha il cancro, è affetto da un linfoma a evoluzione lenta. Ad averlo reso noto il figlio maggiore, Anthony Delon, con un post su Instagram, confermando le voci che circolavano da mesi. Lo stato psicofisico dell’attore francese, 88 anni, è in continuo peggioramento dall’ictus avuto nel 2019, tanto che avrebbe confidato a persone vicine la “sua paura di soffrire” e di “finire in un letto d’ospedale”, e quindi la sua volontà di ricorrere all’eutanasia legale in Svizzera, dove la figlia Anouchka intenderebbe accompagnarlo. “Voglio morire, la vita è finita”, così avrebbe detto lo stesso Delon, lo scorso 20 luglio, durante la visita di un medico nella storica residenza a Douchy, nel Sud della Francia.
Non sono certe né la forma di linfoma di cui Delon sarebbe affetto, né le sue condizioni di salute generale, l’unica informazione certa è che l’attore da settembre 2022 seguiva una terapia sperimentale (ora interrotta), soprattutto palliativa, perché non poteva più essere sottoposto a trattamenti curativi, come la chemioterapia. “Alla sua età – ha spiegato Anthony Delon nel post su Instagram – la progressione di un linfoma come il suo è molto lenta e questo trattamento gli stava accorciando la vita e perturbando parametri vitali, in particolare i suoi reni che erano gravemente danneggiati. Il mio approccio per fermare questo avvelenamento è stato soprattutto quello di prolungare e facilitare la vita di mio padre, di renderla più dolce per lui, evitando dolori insopportabili”. Con queste parole il figlio maggiore di Delon ha spiegato le ragioni per cui ha deciso di sospendere i trattamenti.
Cosa sono i linfomi
I linfomi sono tumori maligni che colpiscono il sistema linfatico (rete di sottili vasi distribuiti in tutto il corpo, fondamentali del sistema immunitario), e in particolare i linfociti T e B (le cellule preposte alle difese nei confronti delle infezioni). Quando un linfocita presente nel sistema immunitario comincia a crescere in maniera abnorme, si genera un linfoma. Il ciclo di vita di queste cellule è regolato da precisi meccanismi, quando questi si alterano, per cause non ancora chiare, iniziano a replicarsi in modo anomalo, accumulandosi negli organi che fanno parte del sistema linfatico come milza, timo o linfonodi, dando origine al tumore.
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I sintomi
Il linfoma è spesso asintomatico, soprattutto nella fase iniziale, ma può anche manifestarsi con sintomi quali: ingrossamento di uno o più linfonodi superficiali non dolenti (a livello di collo, ascelle ed inguine), febbre/febbricola persistente senza una causa infettiva evidente, abbondanti sudorazioni notturne, prurito generalizzato, calo di peso significativo e non giustificato. Se la malattia interessa i linfonodi profondi, possono comparire anche: tosse secca e mancanza del respiro, gonfiore del collo e degli arti inferiori, sensazione di precoce sazietà e mancanza di appetito, dolori addominali, alterazioni a livello cutaneo (chiazze e noduli).
Le cause
Le cause dei linfomi non sono ancora del tutto chiare. Tuttavia, sembra esserci una predisposizione genetica associata a fattori ambientali. Ma, a quanto pare, anche agenti nocivi come virus, radiazioni o sostanze chimiche possono alterare i linfociti rendendoli immortali e facendo sì che si accumulino all’interno dei tessuti dando origine al tumore. In condizioni normali, infatti, il ciclo vitale dei linfociti prevede che le cellule più vecchie muoiano e vengano sostiuite da cellule più giovani. In caso di linfoma, i linfociti malati non muoiono, ma continuano a crescere e a replicarsi, accumulandosi negli organi del sistema linfatico.
I tipi di linfoma
I linfomi si dividono in due grandi categorie: di Hodgkin (LH) e non Hodgkin (LNH). Questi ultimi hanno un’incidenza 5 volte superiore rispetto ai primi (circa 15 casi ogni 100 mila persone) e sono molto eterogenei: una minoranza (10-15% circa) deriva dalle cellule T, mentre la maggioranza (80-85% circa) deriva dalle cellule B. Esistono oltre 70 tipi diversi di linfoma non Hodgkin che vengono distinti in “linfomi indolenti”, tipicamente caratterizzati da una crescita lenta e “linfomi aggressivi” che invece progrediscono rapidamente. Il linfoma di Hodgkin, invece, è un linfoma raro (2 o 3 casi ogni 100 mila) e colpisce in genere persone giovani, di età compresa fra i 20 e i 40 anni. Viene distinto in due tipi principali: linfoma di Hodgkin classico (95% dei casi) e linfoma di Hodgkin a predominanza linfocitaria (molto raro). Sebbene i principali organi bersaglio dei linfomi siano quelli in cui si trovano i linfociti (linfonodi, milza, timo e midollo osseo), i linfomi possono interessare qualsiasi altro organo (fegato, polmone, muscoli, osso, ecc).
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La diagnosi
Se si sospetta un linfoma, lo specialista procederà ad un’attenta raccolta della storia clinica del paziente e dei suoi sintomi, per poi valutare accuratamente tutte le stazioni linfonodali principali (collo, ascelle, inguine) e un eventuale ingrossamento di fegato o milza. Una volta ultimati questi accertamenti, il paziente sarà sottoposto a una biopsia linfonodale (asportazione, totale o parziale, di una ghiandola linfatica, per valutare la presenza di eventuali cellule linfomatose). Se questa indagine porta a una diagnosti di linfoma, il paziente sarà sottoposto ad altri esami come: esame del sangue, tomografia assiale computerizzata (TAC) di collo, torace e addome, tomografia a emissione di positroni (PET), agoaspirato midollare e biopsia osteomidollare (un ago penetra nell’osso e aspira un piccolo campione di sangue midollare, allo stesso modo viene estratto anche un piccolo frammento osseo).
Come si cura
A seconda della tipologia di linfoma, dell’estensione della malattia, del tasso di crescita del tumore, dell’età e delle condizioni di salute del paziente, gli approcci terapeutici possono essere molto diversi tra loro. Per i linfomi non-Hodgkin a progressione molto lenta, la migliore strategia è un costante monitoraggio, mentre i linfomi aggressivi vengono trattati immediatamente con la combinazione di agenti chemioterapici e farmaci “intelligenti” (o a bersaglio molecolare), che ne potenziano l’efficacia. Gli anticorpi monoclonali, in particolare, attaccano e distruggono in maniera selettiva il linfocito malato, mentre altre terapie possono correggere le alterazioni molecolari che stanno alla base della crescita del linfoma.
Nel caso in cui il tumore non risponda al trattamento o si ripresenti sotto forma di recidiva, si ricorre nei pazienti più giovani al trapianto autologo di cellule staminali (cioè con cellule prelevate dallo stesso paziente), e in casi selezionati al trapianto allogenico (con cellule provenienti da un donatore compatibile). Nel caso specifico del linfoma diffuso a grandi cellule B si può optare per terapie innovative come le CAR-T anti-CD19. Il linfoma di Hodgkin ha, al contrario del non-Hodgkin, una possibilità di guarigione molto elevata, specie in giovane età (l’87% delle pazienti e l’85% dei pazienti guariscono) grazie a trattamenti quali la polichemioterapia e la radioterapia.
Fonte : Today