AGI – Un carcere “ad alto tasso di sovraffollamento, in cui i detenuti si girano i pollici e le risse sono quotidiane”. Al ‘Montorio’ di Verona, su cui si è soffermata l’attenzione mediatica negli ultimi tempi perché tra i detenuti c’è Filippo Turetta, reo confesso dell’omicidio di Giulia Cecchettin, si sono suicidati quattro reclusi negli ultimi due mesi e altri due hanno tentato di farlo. Secondo Monica Bizaj dell’associazione ‘Sbarre di Zucchero’, nata dopo il suicidio della giovane Donatella Hodo nella sezione femminile, “il problema principale è che i detenuti hanno poche possibilità di lavorare dopo che si è interrotta la collaborazione con una cooperativa che, fino a un anno fa, dava questa possibilità a 150 di loro”. “L’accordo non è stato rinnovato – spiega all’AGI – e adesso su 545 lavorano solo in 35. C’è un altissimo numero di persone che proviene da situazioni di marginalità sociale, come senza dimora e migranti, e i reclusi vivono in un ‘non tempo’, si girano i pollici. Peggio va per gli stranieri che non hanno appoggi economici fuori ne’ familiari. Le risse e i furti nelle celle sono continui. Uno dei suicidi era in isolamento nonostante avesse problemi psichiatrici. Bisogna sensibilizzare l’imprenditoria locale perché investa nel carcere altrimenti non ci sara’ futuro”.
Micaela, ex detenuta, dice di non essere sorpresa dal numero di suicidi in questo inizio anno. “A causa del sovraffollamento, nelle celle di quattro metri per tre stanno piu’ persone. In particolare nella terza sezione, dove ci sono i detenuti per reati ‘ad alta riprovazione sociale’, la cucina è dove c’è il bagno e si cucina a un metro dal water. Chi non ha soldi, e sono in tanti perchè lo Stato ti dà due euro al giorno, va avanti coi baratti, per esempio scambiando i farmaci con le sigarette. Quello che i detenuti vogliono è il lavoro e corsi di formazione professionale seri ma le donne vengono discriminate perchè le opportunità sono riservate ai maschi visto che noi siamo una minoranza. Ci fanno i corsi per imparare a fare le unghie, a che servono?”.
Jessica Lorenzon dell’associazione ‘Antigone’, osservatorio qualificato sugli istituti di pena, sostiene che “a Verona non c’è una situazione buona ma, da quello che abbiamo visto, non così diversa a livello di sovraffollamento rispetto al resto d’Italia. Come in altre carceri del nord Italia, sono presenti persone di decina di nazionalità diverse per le quali la detenzione è più afflittiva anche perchè faticano ad accedere alle misure alternative non avendo casa e contatti per il lavoro”.
La malattia mentale, da molti identificata come una delle cause dei numeri molto elevati di suicidi, quest’anno già 11 in tutta Italia, non è un fattore determinante secondo Lorenzon. “Non c’è una correlazione tra malattia mentale, dipendenze e suicidi. Il mio punto di vista è che il carcere fa male e genera sofferenza in sè anche per gli agenti penitenziari e per gli operatori. Per i reclusi, bisogna agevolare le comunicazioni con gli affetti all’esterno. A Verona poi dal punto di vista architettonico ci sono alcune situazioni molto brutte e il numero di psichiatri e psicologi è inferiore rispetto alla media nazionale”. L’agente penitenziario Nicolino Budano, rappresentante del sindacato Uilpa in Veneto, sostiene che “non ci sono problemi di gestione a Verona e la verità è che è molto difficile prevedere e prevenire i suicidi, per questo non vedo responsabilità da parte di nessuno”.
Fonte : Agi