Giulio Regeni, otto anni dall’assassinio: processare quattro fantasmi non può bastare

Sei governi che non sono stati sufficientemente autorevoli da pretendere dal regime egiziano una collaborazione effettiva quando, sul piano degli affari, le strette di mano non sono mancate. Nell’energia ma anche nel commercio delle armi. Un rapporto presentato mesi fa dall’Iniziativa egiziana-italiana per i diritti umani e le libertà civili EgyptWide spiegava che fra il 2013 e il 2021 l’Italia – come raccontava ValigiaBlu – “ha incassato circa 19 milioni dalla vendita al Cairo di oltre 30mila revolver e pistole automatiche, più di 3.600 fucili, quasi 500 fucili d’assalto, più un numero imprecisato di carabine, mitragliatrici leggere e pesanti, fucili da caccia, tecnologia e software per uso militare, munizioni e componenti di ricambio. Per lo stesso periodo, ha autorizzato l’export di altre armi piccole e leggere per l’Egitto per un valore di oltre 62 milioni (al netto di munizioni e ricambi)”. Armi messe in mano a chi continua, nel paese, a violare i diritti umani per esecuzioni sommarie e repressioni di vario genere. Proprio come il generale, i due colonnelli e il maggiore imputati per la morte di Giulio Regeni.

Nel frattempo a Fiumicello, paese della famiglia Regeni, si rinnova la memoria. Per il 25 gennaio è prevista una serie di iniziative, organizzate dall’amministrazione comunale di Fiumicello-Villa Vicentina, in collaborazione con il collettivo Giulio Siamo Noi (che in questi giorni ha portato avanti un progetto sui propri social dedicato al sostegno ricevuto in questi anni dal popolo giallo in Italia e nel mondo) e varie associazioni del territorio. Sono previsti un laboratorio per le scuole, un flash mob dalle 19 a Fiumicello, alle 19.41 un minuto di raccoglimento e una fiaccolata silenziosa. A seguire ci sarà una camminata che raggiungerà la palestra del pattinaggio di Fiumicello, dove dalle 20.30 si svolgerà una serata in memoria di Giulio con la famiglia e la loro legale, Alessandra Ballerini, le attrici Lella Costa e Ottavia Piccolo, l’illustratore Lorenzo Terranera, l’ex presidente della Camera Roberto Fico, i giornalisti Marco Damilano, Giuliano Foschini, Beppe Giulietti e Matteo Macor.

Insomma, celebrare il processo è giusto, doveroso e gode di una legittimità costituzionale, per quanto basata su un’eccezione a sua volta giustificata su un combinato di argomentazioni da molti ritenute fragili. Ma nulla è cambiato rispetto alla sostanza di quanto è avvenuto: l’Egitto ha continuato a contrapporre un muro di gomma alle richieste italiane, i nostri governi si sono rivelati via via meno incisivi fino a scivolare nella farsa al cospetto del generale Al Sisi, la sacrosanta scarcerazione di Patrik Zaki è stata strumentalizzata come un tentativo di allontanare ancora di più i fatti del 2016 dalla memoria dell’opinione pubblica. E diversi palazzi comunali hanno arrotolato in questi mesi di vento di destra gli striscioni gialli per chiedere verità e giustizia. Nei prossimi mesi ne avremo solo un pezzo. E non ci basterà.

Fonte : Wired