Prima le riunioni in gran segreto e poi i raid militari. Nella notte tra l’11 e il 12 gennaio si è concretizzato l’attacco missilistico ai ribelli sciiti Houti in Yemen. E ora il rischio escalation nella regione è sempre più reale. Un’azione congiunta di Stati Uniti e Regno Unito in prima fila, sostenuta logisticamente e militarmente da altri Paesi come Australia, Canada, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Corea del Sud e anche Bahrein, in risposta alle aggressioni degli Houthi alle navi commerciali che transitano nel Mar Rosso, come rappresaglia contro l’offensiva israeliana a Gaza. Dopo il raid, è arrivata la precisazione degli alleati. L’obiettivo comune resta la de-escalation e la ripresa della stabilità nel Mar Rosso e, nel caso di una prosecuzione delle minacce, “non esiteremo a difendere le vite e proteggere il libero commercio”, precisano in una dichiarazione congiunta firmata da Australia, Bahrein, Canada, Danimarca, Germania, Olanda, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Gran Bretagna e Stati Uniti, nella quale sottolineano che i raid sono avvenuti nel rispetto della Carta dell’Onu.
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Il bilancio delle vittime degli attacchi è alto. Yahya Sarea, portavoce militare degli Houthi, ha dichiarato che un totale di 73 raid hanno preso di mira la capitale yemenita, Sana, e altre quattro regioni, uccidendo almeno cinque combattenti e ferendone altri sei. La reazione dei ribelli sciiti non si è fatta attendere: funzionari Houthi hanno avvertito che Stati Uniti e Regno Uniti “pagheranno un prezzo pesante” per questa “palese aggressione”. Gli Houthi, ha dichiarato il portavoce dei ribelli, continueranno a prendere di mira le navi legate a Israele nel Mar Rosso.
On Jan. 11 at 2:30 a.m. (Sanaa time), U.S. Central Command forces, in coordination with the United Kingdom, and support from Australia, Canada, the Netherlands, and Bahrain conducted joint strikes on Houthi targets to degrade their capability to continue their illegal and… pic.twitter.com/bR8biMolSx
— U.S. Central Command (@CENTCOM) January 12, 2024
Gli attacchi, dice il presidente Usa Joe Biden, sono un “chiaro messaggio che gli Stati Uniti e i suoi partner non tollereranno attacchi al loro personale ne’ permetteranno ad attori ostili di mettere in pericolo la libertà di navigazione in una delle rotte commerciali più critiche del mondo”. Anche il primo ministro britannico Rishi Sunak, oggi in visita a Kiev, tiene il punto e aggiunge che il Regno Unito deve inviare un “segnale forte” e che gli attacchi dei ribelli Houthi nel Mar Rosso sono sbagliati e non possono essere effettuati “impunemente”.
L’assenza dell’Italia
L’Italia non rientra nel gruppo che hanno sferrato un attacco in Yemen e hanno colpito la capitale Sanaa e altre città, indicate dal Pentagono come postazioni del gruppo degli Houthi, che ha il controllo di gran parte del Paese. Del raid contro postazioni Houthi in Yemen l’Italia “è stata avvertita dagli alleati con diverse ore di anticipo, ma non gli è stato chiesto di prendere parte all’operazione militare”, stando a quanto puntualizzato da Palazzo Chigi. All’Italia era stato chiesto di sottoscrivere la dichiarazione congiunta con Stati Uniti, Regno Unito e altri Paesi alleati, ma Roma ha scelto di non sottoscriverlo. E ci sarebbe una motivazione, stando a quanto precisato dal vicepremier e ministro degli Affari esteri Antonio Tajani: “L’Italia non può partecipare ai raid senza l’ok del Parlamento”. I francesi, invece, ieri hanno sentito il bisogno di precisare che non fanno parte della coalizione a guida Usa nell’area, posizione ribadita anche dagli spagnoli.
Trasporti lenti e prezzi alle stelle: perché la crisi del Mar Rosso ci riguarda da vicino
L’Italia e l’Europa si interrogano su quanto farsi coinvolgere dalla missione a guida Usa che dal mese scorso è schierata contro i droni dei ribelli yemeniti. I report raccontano una realtà pesante, in prospettiva e nel presente, anche per l’Italia: dallo stretto di Suez e di Bab el-Mandeb passa il 40 per cento del commercio marittimo italiano. Gli attacchi degli Houthi stanno facendo salire i costi. Se il traffico con l’Oriente si riduce, aumentano i ritardi, le rotte cambiano, anche la benzina costa molto di più. Insomma: inflazione.
🚨A Western coalition led by the🇺🇸US &🇬🇧UK has attacked🇾🇪Yemen’s Houthi rebels after weeks of attacks on vessels transiting the Red Sea.
No one knows how the situation could evolve in the next few days, but this is clearly a major juncture for Middle East energy geopolitics
🧵 https://t.co/ivo91WgTzr pic.twitter.com/w8YxgbnLKS— Francesco Sassi (@Frank_Stones) January 12, 2024
Il contributo europeo
Le conseguenze in Europa si vedono già, e ancor più ce ne saranno a breve. Per questo anche l’Ue pensa di scendere in campo. I 27 Paesi discuteranno la prossima settimana – martedì16 gennaio – l’invio di una forza navale europea per supportare la protezione delle navi nel Mar Rosso dagli attacchi dei ribelli Houthi dello Yemen. Il progetto è allo studio a Bruxelles da diverse settimane. Se ne era parlato molto prima che le forze americane e britanniche colpissero lo Yemen. La proposta elaborata dal Servizio di azione esterna dell’Unione europea – sotto la guida dell’Alto rappresentante Josep Borrell – prevede l’invio di almeno tre cacciatorpedinieri o fregate antiaeree per almeno un anno. L’Ue cercherà di integrare la coalizione guidata dagli Stati Uniti, che comprende molti Paesi europei e già opera sulla vitale rotta marittima. Il dubbio è che la missione Ue, per come è stata concepita, sia nata ‘vecchia’.
Per la Nato è un raid difensivo
Si può parlare di offensiva o difensiva? Per la Nato non ci sono dubbi: i raid aeri lanciati da Usa e Regno Unito contro le postazioni Houthi in Yemen sono di natura difensiva. “Questi attacchi erano difensivi e progettati per preservare la libertà di navigazione in una delle vie d’acqua più vitali del mondo. Gli attacchi degli Houthi devono finire”, ha dichiarato Dylan White, portavoce dell’alleanza militare occidentale.
Dura è stata la condanna di Turchia, Iran e Russia. Il Cremlino per bocca del portavoce Dmitry Peskov ha definito “illegittimi” gli attacchi effettuati dagli Stati Uniti e dal Regno Unito contro i ribelli Houthi nello Yemen, mentre l’Iran ha bollato i raid come “un atto arbitrario e una flagrante violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dello Yemen”. Più dura la posizione dell’Iraq, che accusa l’Occidente di espandere nella regione il conflitto scoppiato tra Israele e Hamas dopo il 7 ottobre. Ancora piu’ dure le parole del presidente turco, Receep Erdogan, secondo cui Usa e Gran Bretagna “hanno intenzione di far diventare il Mar Rosso un mare di sangue”. Il presidente turco parla di “azione sproporzionata” “dinanzi alla quale anche l’Iran si vorra’ difendere. Gli Houthi comunque continueranno a rispondere con tutte le forze che hanno e abbiamo le nostre fonti che ci dicono che hanno risposto e risponderanno agli attacchi”, continua. La Cina, invece, ha espresso preoccupazione per l’escalation delle tensioni nel Mar Rosso e ha esortato tutte le parti coinvolte “a mantenere la calma e a dare prova di moderazione per evitare ulteriori conflitti”.
Sale il prezzo del petrolio
Inizia la corsa dei prezzi del greggio, sostenuta dalle preoccupazioni del mercato circa un’escalation delle tensioni in Medio Oriente in seguito agli attacchi aerei degli Stati Uniti e del Regno Unito contro i ribelli Houthi nello Yemen. Il Brent supera la soglia degli 80 dollari e passa di mano a 80,36 dollari al barile avanzando del 3,8 per cento. Anche i future sul WTI sono in rally guadagnando il 4 per cento e venendo scambiati a 74,90 dollari al barile.
Fonte : Today