Giovanni Padovani non voleva solo uccidere Alessandra Matteuzzi, voleva “cancellarla”. Ne è convinto il procuratore aggiunto di Bologna Lucia Russo, che ha preso la parola oggi 12 gennaio nel corso del processo per la morte della 56enne massacrata il 23 agosto 2022, sotto casa in via dell’Arcoveggio, a martellate, calci, pugni e colpi di panchina. Il solo indagato è Padovani, che risponde di omicidio pluriaggravato da premeditazioni, futili motivi, legame affettivo e stalking. Per la pm Padovani non voleva solo toglierle la vita ma “cancellarne i suoi connotati, la sua bellezza”.
L’omicidio di Alessandra Matteuzzi frutto “di una relazione morbosa”
Secondo Russo “le prove consentono di appurare le responsabilità dell’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio”. Ricostruendo il delitto, Russo lo definisce “l’esito di una relazione morbosa e l’espressione di una volontà padronale e di asservimento della vittima da parte di Padovani”, concetto ribadito anche dall’altra rappresentante della pubblica accusa, la pm Francesca Rago.
Per Russo Padovani “considerava Alessandra una proprietà. Nel loro rapporto non c’è nulla che abbia a che fare con l’amore o con altri sentimenti positivi” e il giovane “in realtà disprezzava profondamente” la vittima. Questo, secondo la procuratrice, è dimostrato, ad esempio, dai pesantissimi insulti con cui Padovani si riferiva alla donna in una chat con alcuni compagni di squadra.
Contro Alessandra colpi di martello e anche di panchina
Il giorno dell’omicidio Alessandra Matteuzzi stava tornando a casa ed era al telefono con la sorella, quando si è trovata davanti Padovani. La stava aspettando. Gli ha chiesto di andare via – in passato lo aveva già denunciato – ma è stato inutile, hanno iniziato a discutere poi lui l’ha spinta per terra e aggredita. Le urla della donna hanno attirato l’attenzione dei residenti. Quando i soccorsi sono arrivati era ancora viva, è morta prima che i sanitari riuscissero a portarla in ospedale. Padovani è stato arrestato poco dopo.
Alessandra Matteuzzi è morta per la molteplicità e la gravità delle fratture alla testa. Durante l’esame sono state rilevate anche lesioni a livello del torace. Il medico legale Guido Pelletti ha indicato “un’emorragia dovuta allo sfondamento del cranio” come causa della morte.
Oggi la pm usa il termine “ferocia” per descrivere l’aggressione e sottolinea che il martello usato per colpire Alessandra Matteuzzi “si è addirittura rotto” per la violenza dei colpi. Per ricostruire le fasi del delitto, Russo cita i vicini che sono stati testimoni dell’aggressione. Hanno tutti confermato di aver visto Padovani colpire ripetutamente la vittima con la panchina e con calci al volto e al collo, insultandola, ripetendo che gli aveva rovinato la vita e dicendo anche: “Non mi interessa andare in carcere, l’importante è che muoia lei”.
Il racconto dei testimoni: “Padovani urlava e colpiva Alessandra”
“Ho visto la donna stessa a terra, inerme – è il racconto di una vicina – con il ragazzo sopra di lei che sollevava una panchina e gliela sbatteva addosso due o tre volte. I capelli biondi della donna sono diventati rosa. Gli ho detto di smetterla di colpirla e lui mi ha risposto ‘non ce l’ho con te’. ‘Questa mi ha rovinato la vita, mi ha tradito’. Ogni tanto la colpiva al collo con un calcio”. E ancora, un altro testimone: “La scena che mi si è presentata davanti è la donna incosciente a terra, e lui che le dava calci sullo zigomo destro. Le sue scarpe si sporcavano di sangue…”. Il vicino poi è sceso in strada, allontanando Padovani. “Il ragazzo sembrava si fosse calmato – ha aggiunto la procuratrice leggendo le parole del vicino – e mi ha chiesto di potersi avvicinare per vedere il suo stato di salute. Ci siamo avvicinati, mi sembrava respirasse, lui giunto a una certa distanza da lei le sferrava un violento calcio in volto.
“Padovani capace di intendere e volere”
La salute mentale di Padovani è stata, nelle fasi precedenti al processo, al centro di ampia valutazione. Secondo i periti della Corte, Pietro Pietrini e Giuseppe Sartori, Padovani è pienamente capace di intendere e di volere. Di parere opposto i consulenti della difesa (Alessandro Meluzzi e Cinzia Gimelli), per i quali Padovani è un soggetto psicotico, con problemi di schizofrenia. Il legale di Padovani, Gabriele Bordoni, aveva chiesto di effettuare una risonanza magnetica sul suo assistito e di far testimoniare la psichiatra del Rop (Reparto di osservazione psichiatrica) di Piacenza Simona Giuppi. Le richieste sono state respinte.
Fonte : Today