Diecimila unità vendute a 199 dollari in un solo giorno, un successo che ha sorpreso per primi gli inventori. L’r1 di Rabbit AI è una delle curiosità più interessanti viste al CES.
Cos’è
È un dispositivo rettangolare di colore rosso-arancione, grande la metà di un normale smartphone. Progettato in collaborazione con l’azienda svedese Teenage Engineering, ha un touchscreen da 2,88 pollici e una rotella per lo scorrimento analogico sulla destra. Sopra c’è una fotocamera che può ruotare di 360 gradi o anche essere rivolta verso l’alto o il basso per garantire la privacy degli utenti. La Rabbit Eye può essere utilizzata anche per foto e videochiamate. Funziona grazie a un processore MediaTek Helio P35 con 4GB di RAM e 128GB di storage, ha connettività WiFi e cellulare con uno slot per SIM e una porta USB. La batteria, secondo l’azienda che lo costruisce, garantisce un giorno intero di utilizzo.
Ma attenzione: l’r1 non è uno smartphone, né vuole sostituirlo, come invece punta a fare la spilla intelligente HumaneAI. Quello di Rabbit AI è semmai un assistente digitale che può eseguire una serie di attività per conto dell’utente, grazie all’intelligenza artificiale.
Tutto grazie al sistema operativo proprietario, Rabbit OS, basato su un modello di intelligenza artificiale chiamato Large Action Model (LAM). A differenza dei più comuni LLM (Large Language Model), sui quali sono basati i sistemi di IA generativa come ChatGPT, LAM è progettato per comprendere e rispondere agli input umani in modo dinamico e flessibile, migliorando così l’interazione tra uomo e macchina. Apprende dai gesti, insomma, oltre che dalle parole: il LAM è stato addestrato da esseri umani che interagiscono con app come Lyft o Instagram, mostrando alla macchina come funzionano. Il LAM impara a riconoscere l’aspetto di un’icona e a muoversi attraverso l’interfaccia delle varie app, per capire quando sta arrivando l’auto richiesta o c’è un commento a un post.
C’è anche una modalità di allenamento dedicata, che si può utilizzare per insegnare al dispositivo come fare qualcosa, in modo che poi possa ripetere da solo quello che ha imparato. Nella conferenza stampa di presentazione il Ceo Jesse Lyu fa un esempio: “Basterà dire: ‘Ehi, prima di tutto, vai su un software chiamato Photoshop. Aprilo. Cerca le foto nell’album. Crea un lazo sulla filigrana e fai clic sul comando. Questo è il modo in cui rimuovi la filigrana.’ Ci vogliono 30 secondi perché Rabbit OS, impari, dice Lyu, e poi può rimuovere automaticamente tutte le filigrane da solo.
Da remoto
Il sistema agisce su una piattaforma in remoto, nel senso che Photoshop non è installato sull’r1, ma sui server di Rabbit AI, con tutti problemi che ne conseguono, dalla privacy alla gestione del copyright. Però il vantaggio innegabile è che nessuno sviluppatore dovrà scrivere una sola riga di codice per rendere la sua app compatibile col gadget di Rabbit.
E per chi fosse rimasto senza, nessuna paura: dopo il primo lotto spedito a marzo, sarà disponibile un secondo lotto di Rabbit r1, in arrivo tra aprile e maggio. Anche in Italia.
Fonte : Repubblica