L’app di Starbucks è accusata di creare dipendenza dal caffè

Starbucks si trova al centro di una polemica alquanto spinosa. In una denuncia presentata lo scorso dicembre al procuratore generale di Washington, un gruppo di tutela dei consumatori ha dichiarato che l’app della nota catena di caffè costringe gli utenti in un circolo vizioso di acquisti. Impedendo ai clienti di utilizzare il credito della propria Starbucks Card, quando questo è inferiore al prezzo più basso presente nel menù, l’applicazione li costringe ad aggiungere sempre nuovo denaro per gli acquisti, pena la perdita di quanto accumulato.

Secondo quanto riportato da Gizmodo, agli utenti viene richiesto di caricare 25 dollari alla volta sulla carta, anche se le bevande più economiche hanno un costo minimo di 3 dollari. E se il saldo sulla carta è inferiore a questa cifra, i fondi dei clienti rimangono inutilizzabili, almeno fino a questi non decidono di trasferirvi altro denaro. Considerando che l’app di Starbucks non consente nè di combinare questi fondi con altri metodi di pagamento, nè di utilizzarli come mancia, è evidente che sia impossibile azzerare il saldo della Starbucks Card. E questo, secondo quanto riportato nella denuncia, sarebbe da considerare un comportamento ingannevole da parte della nota catena di caffè nei confronti dei consumatori, costretti a dipendere da caffè e Frappuccini.

Di tutta risposta, un portavoce di Starbucks ha fatto sapere che i clienti possono comunque recarsi in un negozio fisico e chiedere a un barista di azzerare il saldo della carta, utilizzandola in combinazione a un altro metodo di pagamento. Anche se non è ancora chiaro perché questa cosa non possa essere fatta direttamente dall’app mobile. Ma di questo, così come dell’intera procedura che si cela dietro gli acquisti dall’applicazione, se ne occuperà il procuratore generale di Washington, chiamato a giudicare se Starbucks ha davvero assunto un atteggiamento ingannevole nei confronti dei consumatori, spingendoli a fare sempre più acquisti per esaurire i propri fondi digitali.

Fonte : Wired