Si chiamava Ylenia, viveva ad Arezzo, in via Trasimeno, e aveva da poco spento 28 candeline. Era nata il 1° dicembre 1993, il 27 dicembre del 2021 il suo cuore ha smesso di battere dopo un giorno e mezzo di agonia trascorso tra il pronto soccorso e l’ospedale San Donato di Arezzo.
Dopo due anni la madre di Ylenia Cavallini, Cristina, ha deciso di rompere il silenzio su una vicenda su cui anche la magistratura aretina vuole fare luce, cercando di rintracciare eventuali responsabilità nella morte della ragazza. La famiglia è assistita dall’avvocato Luca Bufalini che, nel maggio 2022, ha sporto denuncia contro ignoti per “responsabilità colposa per morte in ambito sanitario” (art. 590 sexies cp) e “abbandono di persone incapaci” (art. 591 cp). Dopo la querela, è stato aperto un fascicolo dalla Procura di Arezzo con la pm Francesca Eva.
“Mia figlia morta in un giorno e mezzo”
“Ylenia stava benissimo fino al giorno prima – racconta Cristina -. Era una ragazza con tanti interessi. Aveva fatto il liceo linguistico a Castiglion Fiorentino, poi la scuola per estetista. Si stava affacciando sul mondo del lavoro, aveva da poco sostenuto un colloquio per entrare nelle Ferrovie. Il Natale l’avevamo trascorso in famiglia, avevamo mangiato assieme. L’incubo è iniziato la mattina del 26 dicembre 2021. Erano le 6 quando mia figlia ha iniziato ad accusare vomito e un fortissimo mal di pancia. Nonostante una puntura di Plasil non ci sono stati miglioramenti”.
“Ho chiamato un’ambulanza a mezzogiorno” dice la madre, “alle 13 è andata in pronto soccorso. È stata valutata in codice verde. Nonostante stesse malissimo, visto il codice minore, le cose sono andate per le lunghe. Era periodo Covid, io non potevo starle vicino, ma ci tenevamo in contatto telefonico. Alle 14 il prelievo del sangue. Alle 17 ho chiamato e mi hanno detto che avevano trovato un’infezione nel sangue ma che dovevano indagare le cause. Gli era stata anche prescritta una tac all’addome. Ma intanto Ylenia stava sempre peggio, le hanno somministrato il Plasil anche loro, ma senza successo. Sono seguite altre chiamate infruttuose, Ylenia parlava con sempre maggiori difficoltà”.
Megacolon tossico, setticemia e operazione
Il racconto prosegue: “Alle 19 un medico mi ha detto che dalla tac si evidenziava un colon molto ingrossato, hanno pensato che fossero feci da evacuare. Ylenia continuava a stare sempre più male allora mi sono arrabbiata e ho detto loro di fare qualcosa. Il chirurgo di guardia mi ha detto ancora delle feci e che avrebbero dovuto farla andare d’intestino, poi se necessario una laparoscopia esplorativa. Dal tono e dalle parole niente faceva presagire qualcosa di grave. Poco più tardi, alle 22,28, mi hanno richiamato per farmi alcune domande. Volevano sapere se Ylenia prendesse particolari farmaci o fosse allergica a qualcosa. Ci siamo lasciati dicendo che la mattina presto mi avrebbero fatto sapere. Io ero tranquilla a quel punto. Ma nel cuore della notte, alle 1,44, mi è arrivata la chiamata che mi ha stravolto: era il chirurgo che l’aveva appena operata. Mia figlia era in acidosi metabolica e aveva un megacolon tossico, gli avevano dovuto asportare tutto il colon che era in necrosi”.
“A quel punto – racconta Cristina – era in rianimazione, intubata e gravissima perché in setticemia. Sono corsa in ospedale, l’ho vista intubata inerme. Avrei potuto rivederla solo il giorno dopo alle 17, le regole della Rianimazione erano stringenti. Alle 13,30 del giorno seguente, il 27 dicembre, mi hanno richiamato dicendo ‘questa ragazza non reagisce a niente’. L’ho vista dieci minuti prima che morisse. Aveva una decina di sacche attaccate, io non ho capito più nulla. Non sapevo cosa pensare. Finché l’infermiera mi ha detto chiaramente ‘signora, sua figlia sta morendo’. È morta alle 14,25. Ed è straziante per me pensare, ancora oggi, che ha dovuto trascorrere quest’agonia da sola. Non mi ha più vista, dopo l’operazione non si è mai ripresa”.
“Non ho più visto cosciente mia figlia”
A distanza di anni la madre non sa ancora il motivo che ha portato all’infezione e al megacolon tossico. “Non è stata eseguita l’autopsia, Ylenia è stata poi cremata come avrebbe voluto”. La famiglia ritiene che ci siano responsabilità da chi l’ha presa in carico. “Non è possibile restare in codice verde per 10 ore con dolori lancinanti e un’infezione in corso – prosegue la madre -. Inoltre mi è stata tenuta nascosta la gravità della cosa: alle 21,45 del 26 dalla cartella risulta che sono stati chiamati tre rianimatori. Lei era già grave alle 22. E mi hanno negato di vedere cosciente per l’ultima volta mia figlia”.
Fonte : Today