Juno ha sfiorato la luna di Giove Io. Durante il suo 57° flyby del 30 dicembre scorso, la sonda della Nasa ha sorvolato il satellite gioviano arrivando a circa 1.500 chilometri dalla sua superficie. Ora l’agenzia spaziale statunitense ha rilasciato alcuni degli scatti che ci riportano dettagli inediti, mai visti. Negli ultimi 20 anni nessuna missione si era avvicinata tanto a quello che si conferma come l’oggetto celeste con l’attività vulcanica più intensa del Sistema solare. L’ultimo passaggio ravvicinato era stato quello della sonda Galileo nel 2001.
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Io, l’inquieta
In questo 57° flyby, Juno ha raccolto dati importanti per capire meglio l’attività vulcanica di Io e ha scattato 6 immagini, alcune in bianco e nero e altre a colori, che ci rimandano dettagli mai visti della sua superficie: montagne altissime e centinaia di vulcani attivi, persino getti di materiale talmente potenti che superano la sottile atmosfera della luna per essere catturati dai campi magnetici di Giove.
All’opposto della nostra placida Luna, Io è un satellite tormentato. Vittima delle forze gravitazionali di Giove e delle altre sue lune più grandi (Europa, Ganimede e Callisto), Io si conferma l’oggetto celeste con l’attività vulcanica più intensa del Sistema solare. Un vulcanismo che – dicono gli esperti della Nasa – può avere a sua volta un impatto sull’intero sistema gioviano.
“Combinando i dati di questo sorvolo con le nostre osservazioni precedenti, il team scientifico di Juno sta studiando come variano i vulcani di Io“, ha spiegato in un comunicato Scott Bolton del Southwest Research Institute di San Antonio, in Texas. “Stiamo cercando quanto spesso eruttano, quanto sono luminosi e caldi, come cambia la forma del flusso di lava e come l’attività di Io è collegata al flusso di particelle cariche nella magnetosfera di Giove”. Juno – ha aggiunto il ricercatore – indagherà anche sulla fonte della massiccia attività vulcanica di Io, sull’esistenza di un oceano di magma sotto la sua crosta e sull’importanza delle forze di marea indotte da Giove.
Fonte : Wired