Israele sta attualmente ritirando alcune delle sue forze militari da Gaza con l’intento di concentrarsi su operazioni più mirate contro Hamas. Secondo un funzionario israeliano citato da Reuters, l’obiettivo primario rimane il rovesciamento di Hamas a Gaza, ma si sta anche considerando attentamente l’impatto economico di queste operazioni sulla nazione. Per questo due brigate riserviste saranno ritirate entro la fine di questa settimana.
Dall’inizio del conflitto, Israele ha mobilitato in servizio 300.000 riservisti, pari al 10-15% della sua forza lavoro. Attualmente, fonti governative stimano che tra 200.000 e 250.000 riservisti sono ancora in servizio, con conseguente assenza dalle normali attività lavorative o di studio.
La pianificazione militare
Da quando è iniziata la guerra, i capi dell’esercito di Israele hanno pianificato l’operazione in tre fasi. La prima fase ha consistito in un bombardamento intensivo mirato a liberare le vie di accesso per le forze terrestri e a promuovere l’evacuazione civile. La seconda fase ha visto l’inizio dell’invasione il 27 ottobre, con carri armati e truppe che hanno conquistato gran parte della Striscia di Gaza, affermando il controllo del territorio da parte di Israele. Un’offensiva che finora ha ucciso quasi 22.000 palestinesi a Gaza, la maggior parte dei quali donne e bambini.
Il funzionario interpellato da Reuters ha dichiarato che, ora, l’esercito si sta ora dirigendo verso la terza fase, che richiederà almeno sei mesi e comporterà intense missioni di rastrellamento contro i terroristi. Alcuni analisti ritengono che questo cambio di approccio sembra essere una risposta alle pressioni degli Stati Uniti, principale alleato di Israele, che hanno sollecitato una revisione delle tattiche militari e maggiori precauzioni per la protezione dei non combattenti.
Sul fronte militare, l’esercito israeliano ha annunciato l’eliminazione di Adil Mismah, comandante regionale delle forze d’élite Nukhba di Hamas, dimostrando gli sforzi per colpire i vertici dell’organizzazione. Inoltre, Israele ha dichiarato la sua determinazione nel recupero delle 129 ostaggi ancora detenuti a Gaza, anche grazie agli sforzi di mediazione per una tregua promossi da Qatar ed Egitto che hanno aumentato le possibilità di liberare alcune persone. Il gruppo di volontari israeliani Yesh Din ha riferito che il 2023 è stato l’anno più violento per gli attacchi dei coloni in Cisgiordania, specialmente dopo il 7 ottobre.
La situazione politica
In parallelo si alza la tensione all’interno del governo guidato dal primo ministro Benjamin Netanyahu. Infatti, con l’appoggio di una maggioranza composta da 8 giudici su 15, la Corte suprema israeliana ha respinto una parte rilevante della riforma giudiziaria, approvata dal governo di destra guidato da Benjamin Netanyahu nel mese di luglio. La decisione della Corte ha interessato specificamente la modifica proposta alla “clausola di ragionevolezza“, la quale avrebbe ridotto la capacità della Corte di annullare le decisioni governative giudicate irragionevoli. Questa proposta di riforma aveva suscitato notevoli proteste, poiché vista come una potenziale minaccia per il sistema democratico del paese. Il partito Likud di Netanyahu ha manifestato il suo dissenso rispetto alla decisione della Corte, sostenendo che contrasta con “il desiderio di unità della nazione, specialmente in un periodo di guerra“.
Fonte : Wired