Israele ha esteso l’invasione di terra della Striscia Gaza ai campi profughi situati nella zona entrale dell’enclave. Da inizio dicembre, Tel Aviv ha già colpito ripetutamente il campo meridionale di Khan Younis, mentre tra il 24 e il 26 dicembre ha bombardato quello centrale di Al Maghazi, uccidendo più di 100 persone, e i campi di Nuseirat e Bureij. Il capo di stato maggiore israeliano, Herzi Halevi, ha detto che la guerra continuerà per molti mesi e, per ora, sembra non esserci alcuna possibilità di un cessate il fuoco umanitario.
A Gaza, non esiste più un luogo sicuro. Nemmeno le zone indicate per evacuare i civili sono state risparmiate dai bombardamenti israeliani, come riporta France 24, e ora l’espansione delle operazioni militari ai campi profughi di Nuseirat, Maghazi e Bureij ha diminuito ulteriormente le aree in cui i palestinesi possono rifugiarsi. Il centro e il sud della Striscia sono già saturi delle centinaia di migliaia di persone fuggite dal nord di Gaza, dove si è concentrata la prima fase dell’invasione, ma la guerra è ormai dappertutto.
Dopo la quasi completa distruzione delle maggiori città palestinesi, Israele sta concentrando l’offensiva contro i campi profughi sorti in tutta la Striscia a seguito della guerra del 1948, che ha sancito la nascita dello stato ebraico. Il mondo arabo ricorda quel momento con il nome di nakba, che significa letteralmente disastro o catastrofe. Si tratta dell’esodo forzato di circa 700mila palestinesi in 58 campi di accoglienza distribuiti tra Giordania, Gaza, Cisgiordania o West Bank, Siria, Egitto e Libano.
Queste aree sono state inizialmente create come campi profughi temporanei, per dovuto ospitare i palestinesi fino alla risoluzione del conflitto israelo-palestinese e la divisione dei territori in due stati. Dal 1948, il conflitto ha continuato a mietere vittime, e i campi hanno fatto in tempo a diventare delle città. Composte da edifici e strade fatiscenti, spesso senza infrastrutture di base come reti fognarie o elettriche, ospitano circa 1 milione e mezzo di persone, che però vivono e vivevano in condizioni estremamente precarie.
Nella Striscia di Gaza, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per i profughi in Palestina (Unrwa) opera in 8 di questi campi, con circa 13 mila persone impiegate e 300 strutture, offrendo aiuti umanitari, assistenza medica e psicologica, servizi educativi e sociali. La gran parte di questi servizi sono ormai fermi, a causa del blocco degli aiuti umanitari imposto da Israele e dei bombardamenti, ma i rifugiati nei campi sono aumentati mentre le loro condizioni di vita peggiorano sempre di più.
Come riporta Reuters, la popolazione di Gaza è gravemente malnutrita e i minori stanno avendo mancamenti per la fame. Inoltre, la mancanza di una fornitura costante di acqua sta aumentando la diffusione di malattie, mentre le condizioni igieniche peggiorano. Tuttavia, nonostante le pressioni internazionali e da parte degli Stati Uniti, che hanno chiesto di aumentare gli aiuti umanitari e ridurre le vittime civili come riporta la Nbc, Israele ha chiuso qualunque dialogo per un cessate il fuoco, sostenendo la necessità di dove continuare con l’invasione fino alla totale distruzione di Hamas.
Gli attacchi ai campi profughi sono giustificati proprio in questo senso, perché per Israele darebbero rifugio ai comandanti e ai soldati della milizia. Secondo le forze armate, lì si troverebbero altri ingressi dei famigerati tunnel usati da Hamas come base e per spostarsi all’interno di Gaza. Tuttavia, gli attacchi israeliani continuano a non essere chirurgici, colpendo indiscriminatamente un’altissimo numero di civili nel tentativo di colpire obiettivi militari.
Fonte : Wired