Family Switch Recensione: la fiera della banalità su Netflix

A volte basta poco per arrivare al successo, replicando una formula consolidata con variazioni minime, a uso e consumo di quel grande pubblico che spesso cade facilmente nel tranello, anche se votato a un semplice intrattenimento. Non è perciò un caso che fin dal suo arrivo nel catalogo di Netflix, Family Switch abbia cominciato a scalare progressivamente la classifica dei titoli più visti sulla piattaforma, con una manciata di polemiche ad hoc da portarsi appresso che ne hanno se possibile aumentato ancora la notorietà. Sapevate che alcuni spettatori si sono anche lamentati di una presunta scena di incesto in Family Switch?

Tralasciando indignazioni fini a sé stesse, buone per il pubblico social moderno ma avare di fondamento, in questa nuova commedia per famiglie d’ambientazione natalizia ci troviamo al più classico degli elementi fantastici adattato alle connotazioni del cinema leggero, ovvero quello scambio di corpi che fin da un cult del calibro di Tutto accadde un venerdì (1976) si ripete ciclicamente sia su piccolo che su grande schermo. Qui la situazione è però ulteriormente complicata dal fatto che ci troviamo davanti non a uno “switch” singolo, ma bensì triplo, al punto da coinvolgere tutti i membri della famiglia, animale da compagnia incluso.

Family Switch: tutti al posto sbagliato

Ebbene sì, la famiglia Walker è ignara del destino che li attende in occasione del periodo natalizio. Mentre i genitori cercano di ravvivare l’atmosfera di festa e i figli si considerano ormai troppo adulti per Santa Claus e soci, il destino ha in serbo per loro una sorpresa inaspettata e non del tutto gradita, almeno inizialmente.

Bill e Jess, marito e moglie, la primogenita CC e Wyatt – entrambi in fase adolescenziale – e l’ultimo arrivato di pochi mesi infatti dovranno fare i conti con qualcosa di incredibile dopo aver trascorso una serata all’osservatorio locale. La mattina successiva si risvegliano gli uni nei corpi degli altri: CC in quello di sua madre e Wyatt in quello del padre – e naturalmente viceversa – e nemmeno il pargolo è esente da tale cambiamento, finendo per ritrovarsi nel peloso corpo del cagnolino domestico. Adattandosi con fatica alla nuova normalità, i Walker cercheranno di non creare troppi danni alle rispettive esistenze, mentre si mettono alla ricerca di una soluzione per rientrare nei propri involucri prima che sia troppo tardi.

Avanti e indietro

Fin dal prologo, dove Ed Helms e Jennifer Garner si scatenano in un improbabile balletto natalizio, si osserva l’approccio volutamente pacchiano e gridato di una “commedia americana come tante”, mai capace di pungere a dovere nei suoi istinti satirici che si adagia ben presto sui canonici cliché familisti e retorici per i quali il pubblico a stelle e strisce – ma non solo – sembra andare in brodo di giuggiole.

In Family Switch tutto è elementare, a cominciare dalla stereotipata caratterizzazione dei vari personaggi. Jess è una donna in carriera alle prese con un importante affare prossimo alla firma; Ed spera finalmente di sfondare con la sua band rock Dad or Alive; CC ha un’innata passione per il calcio; Wyatt è il prototipo del nerd. Quattro figure archetipiche che obbligatoriamente impostano gioco-forza le dinamiche degli scambi di coppia sul concetto degli opposti e degli estremi, con tutti quanti che finiranno per mettersi “letteralmente” nei panni degli altri pur di riuscire a trovare un equilibrio e riacquistare infine la consapevolezza del proprio Io. Non è un caso che le gag più spassose siano quelle che vedono protagonisti il cagnolino e il bebè, che si ritrovano a gesticolare o a zampettare con movenze inusuali nel loro assurdo scambio di personalità.

Il problema principale di un’operazione come questa è che tutto appare come una caricatura, personaggi secondari inclusi, e la narrazione non è altro che un estenuante susseguirsi di siparietti che strappano qualche risata qua e là ma non trovano un’effettiva coesione di fondo, a meno che non si voglia ritenere la facile morale dello scontato lieto fine quale chiave di lettura che giustifica anche le peggiori derive narrative. D’altronde i tempi de La vita è meravigliosa (1946) sono finiti da un pezzo, ma un minimo di impegno in più non guasterebbe.

A evitare il disastro totale vi è fortunatamente un cast se non proprio azzeccato quando meno aderente: Ed Helms e Jennifer Garner se la cavano con un po’ di sano mestiere, mentre tra i giovani spicca soprattutto Emma Myers, già sparring partner di Mercoledì e attrice della quale sentiremo parlare molto nell’immediato futuro.

Dal punto di vista registico invece non ci si può attendere molto, ma d’altronde dietro la macchina da presa siede McG, ricordato soprattutto per scult o box-office del calibro di Charlie’s Angels – Più che mai (2003) e Terminator Salvation (2009), che anche qui punta tutto su un’anima commerciale e facilona che finisce per castrare sul nascere qualsiasi ipotetica parvenza d’originalità.

Per altri titoli arrivati recentemente sulla piattaforma di streaming, leggete la nostra rubrica sulle uscite Netflix di dicembre 2023.

Fonte : Everyeye