AGI – Toby Dammit è ubriaco e confuso. Guida una Ferrari 330 LM carrozzata Fantuzzi che gli è stata offerta per fargli accettare la parte in un film western. È questa la trama di uno degli episodi del film di Federico Fellini “Tre passi nel delirio”, del 1968.
Terence Stamp, che veste i panni del protagonista, spinge sull’acceleratore per girare la scena della folle corsa che finirà con uno schianto fatale contro una fontana. È l’ultima immagine in movimento di quell’auto che il suo vero proprietario conserva.
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La casa di produzione cinematografica Lombardi consegnò l’auto incidentata per esigenze di scena a un’officina Ferrari di Roma, perché tornasse come nuova. Il proprietario non ebbe nulla in contrario, e per anni non si è più occupato dell’auto. Massimo Chiappini, come erede dell’immenso patrimonio ex Borghese, valutato oltre due miliardi e mezzo di euro, nel 1968 non è ancora l’ingegnere, architetto e docente universitario, ma gira il mondo per diventare un affermato urbanista, e quella Ferrari, già all’epoca di grandissimo valore, non è tra le sue principali preoccupazioni.
Passa gran parte della sua vita all’estero, ma poi ritorna in Italia e si accorge che tra le sue auto ne manca una, un gioiello acquistato nel 1965 dal fallimento della casa farmaceutica Ifi. L’auto cabriolet, color oro, era destinata alle corse su pista e Chiappini decise di apportare le modifiche necessarie per immatricolarla e guidarla su strada. Dopo l’incidente del film ne perde ogni traccia, ma resta convinto che si trovi ancora nell’officina Ferrari di viale Parioli a Roma.
Officina che, oltre a riportarla allo stato originario, poteva disporne per le corse e doveva manutenerla. Chiappini, ormai anziano, è tornato di recente in Italia ma non ha trovato l’officina che avrebbe dovuto tenere in custodia l’auto.
Di quella Ferrari esistono pochi esemplari ancora in circolazione e uno di questi è stato venduto all’asta negli Stati Uniti per qualche milione di dollari. La 330 LM sembra sparita nel nulla. Al professore restano soltanto i documenti che ne attestano la proprietà. La ricerca attraverso la targa originale ‘Roma 697220’ non restituisce alcun risultato.
Un ricordo, e un valore affettivo: Chiappini tiene a riaverla e si affida a un avvocato che di Ferrari ha dimestichezza, Francesco Turco. Il legale parte da un dato immutabile: un’auto può cambiare targa, può cambiare colore e in qualche caso anche dettagli che modifichino l’assetto e l’aspetto, facile quindi perderne le tracce. C’è però un dato che non cambia mai, ed è il numero di telaio, che per un bolide da corsa diventa anche fondamentale per accedere alle competizioni. E l’avvocato Turco si mette sulle tracce della mitica Ferrari oro.
La ricerca produce i suoi effetti. Non solo il Cavallino non è stato demolito, ma non ha mai nemmeno smesso di correre. La 330 LM del 1965 che guidava Terence Stamp sulle strade sconnesse di Marino per rispettare il copione di Fellini, sarebbe in un museo di Los Angeles. Questo dicono i primi riscontri “ma la battaglia per riaverla non sarà semplice”. “È un caso molto complicato – spiega l’avvocato Turco – Il professor Chiappini non ha mai venduto, ceduto, regalato quell’auto, che tra l’altro ha un valore enorme. Si era fidato dell’officina e non ha ricevuto più alcuna comunicazione. Abbiamo messo in mora la casa madre, la Ferrari per avviare una ricerca ufficiale, e ora attendiamo le prime risposte, poi valuteremo il da farsi”.
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Fonte : Agi