È fatto della stessa sostanza del pubblico a cui si rivolge, Scivolando sulla neve: quello di bambini e adulti con gli occhi pieni di sogni e di speranze racchiusi dentro una palla di Natale. E quella diretta da Tim Story e disponibile su Disney+ (qui potete trovare tutte le uscite Disney fino al 2031) è una confezione di biscotti pan di zenzero consumati voracemente. Inizialmente lo zucchero invade la bocca, la sua promessa di novità porta a luoghi lontani, di un tempo felice e sospeso; poi, boccone dopo boccone, il sapore si perde e l’indigestione prende il sopravvento, distruggendo il gusto, appesantendo il giudizio, annientando ogni innovazione. Scivolando sulla neve tenta di riscrivere il racconto di Natale, inserendovi la tecnologia, e il carattere dell’inclusività, ma ogni aggiornamento e attualizzazione di intenti si scioglie come neve al sole, dimostrando a opera conclusa la sua reiterazione di argomenti già trattati, e livelli narrativi già proposti.
Cerca di scardinare i crismi del film natalizio, Scivolando sulla neve, e inizialmente pare riuscirci; eppure, basta una curva presa a troppa velocità, che la slitta – ora fattasi station wagon – perde il controllo, lasciando che la tanta agognata ventata di freschezza si riveli un semplice alito freddo. È un ripescaggio di immagini, di momenti e atteggiamenti già visti, sentiti sulla pelle, e vissuti senza sorprese, il film di Story. Un albero illuminato e decorato con gli stessi addobbi di anni passati, senza innovazioni o segni di svecchiamento. Ed è proprio per aver tradito tali aspettative, in un rimasuglio costante di un eterno deja-vu, che il film perde l’orientamento e l’immediatezza, per cullarsi nella sicumera di qualcosa di già testato e comprovato in precedenza, così da colpire – senza rischio di sbagliare – quegli spettatori più sensibili alla neve che cade, al costume di Babbo Natale, alle famiglie distanti, ora ritrovatesi e riunitesi.
Atlanta, cuore pulsante di un nuovo Natale
Non è più l’affollata 34esima strada di New York, e nemmeno il gelido Polo Nord; il luogo che raccoglie le mirabolanti avventure di Eddie (il rapper Chris “Ludacris” Bridges ormai prestato al cinema), sua figlia Charlotte (Madison Skye Validum) e Babbo Natale Nick (Lil Rel Howery) è quell’Atlanta che il mondo dello schermo ha imparato a conoscere, amare e far sua, grazie soprattutto a serie TV come quella ideata e interpretata da Donald Glover.
Tutto il comparto narrativo si adatta pertanto al luogo che lo circonda, sia linguisticamente che culturalmente. Ponendo al centro della storia i sogni affranti di un uomo come Eddie, afroamericano posto in un contesto prevalentemente all black, anche Babbo Natale diventa parte integrante di questa rivoluzione, distaccandosi dall’iconografia tradizionale di un nonno giocondo con barba e pelle bianca (immagine insidiatasi nel nostro immaginario grazie soprattutto alle pubblicità della Coca-Cola) per diventare un uomo giocoso, imprevedibile, Peter Pan mai cresciuto con gli abiti di Santa Claus, ma soprattutto nero. Un cambiamento che avvicina il mondo dell’universale alla particolarità delle minoranze – argomento ancora fortemente sentito negli Stati Uniti del 2023 – e che attraverso un divertissement linguistico colmo di modi di dire e punzecchiature alla società attuale, tenta di rianimare una sceneggiatura che non riesce mai veramente a prendere il volo, ancorandosi al terreno di battute forzate e altre puramente evitabili.
Nella lista di Babbo Natale solo buoni, e nessun cattivo
Filtrata da una fotografia accesa, e da tonalità cromatiche accecanti, che illuminano lo spazio come tante decorazioni sparse per la città, nulla in Scivolando sulla neve suggerisce dal punto di vista visivo una caduta dell’eroe, o un momento di tensione.
Il microuniverso qui immortalato è perennemente edulcorato da una patina di spessa gioia e melensa retorica; un quadro di buoni sentimenti che si confà certamente al periodo di festività qui ritratto, ma che senza una controparte di ombrosa perfidia, non riesce a far esaltare la potenza del coraggio, della ritrovata fede in sé stessi, e della forza di superare i limiti e abbattere i propri confini. Erede del sottogenere natalizio di riscoperta dello spirito perduto delle festività (i genitori di Eddie si separano infatti quando lui era piccolo, proprio in occasione del Natale) l’opera aspira a divenire un contemporaneo La vita è meravigliosa, senza l’apporto fantasmatico, e l’interferenza di angeli.
Il l film di Tim Story punta piuttosto sull’uso della tecnologia anche da parte di un personaggio ultra-centenario come Babbo Natale, e su continui riferimenti alla propria contemporaneità, facendo delle battute versi di brani improvvisati in una rap-battle a prova di bambini. Ma quello che rimane alla fine del racconto è solo l’estremizzazione di quel senso di buonismo eccessivo che, per quanto utile e necessario alla formazione personale dei piccoli spettatori, finisce per depotenziare ogni singolo frammento cinematografico.
Indigestione di bontà
Tutto è eccessivamente orientato verso il cardine della bontà in Scivolando sulla neve, dimenticandosi che per gustare e assaporare con gioia la bellezza di un momento, bisogna aver conosciuto anche il suo lato più oscuro. È il superamento degli ostacoli e l’annientamento del proprio mostro interiore che in film come quello diretto da Story va a incarnarsi nella figura del villain, a dare la forza a un racconto rendendolo completo, avvincente, umanamente vicino alle storie personali dei propri spettatori.
Lo vediamo, lo riconosciamo l’antagonista di Scivolando sulla neve; capiamo immediatamente che il deputato interpretato da Oscar Nunez nasconde, dietro la facciata di sorrisi e carezze, l’ombra oscura di un animo corrotto, eppure tale portata di mistero, cattiveria e angoscia non si percepisce mai nel corso dell’opera. È un fantasma impercettibile, il suo, una presenza invisibile, un pensiero mai concretizzatosi.
Lo stesso iato creatosi tra un uomo che ha smesso da tempo di credere nella magia del Natale, e un personaggio come Nick, auto-proclamatosi Babbo Natale (suscitando gli inevitabili sospetti nel protagonista, ormai convinto di avere a che fare con un mitomane squilibrato) se finisce per scomparire, lasciando spazio a nuove rivelazioni e a un ravvedimento personale, è solo perché la tradizione del genere richiede ciò, e non certo perché vi sia dietro una sceneggiatura convincente, che trascini con forza il proprio pubblico lungo la direttrice di una parabola natalizia qui risicata a una linea piatta e bidimensionale.
Già, perché in Scivolando sulla neve ciò che manca è la profondità di racconto e di caratterizzazione psicologica di personaggi qui ridotti a semplici pedine di un gioco da tavolo fin troppo abusato e riproposto nel corso degli anni. E così, quel pacchetto così attentamente costruito dal punto di vista estetico e visivo, non è altro che uno specchio per le allodole, che illude circa la bellezza di un contenuto che si rivelerà vuoto, insoddisfacente, errato, proprio come il regalo mancato all’Eddy bambino, o a quell’ennesimo, identico, paio di calzini tenuto tra le mani di noi spettatori al tavolo di Natale.
Fonte : Everyeye