Anche la mattina del 20 gennaio 1999, come ogni giorno, la madre di Xie Qingshuai ha varcato la soglia di casa per andare al mercato a comprare delle verdure. Lui, che all’epoca aveva dieci mesi, era rimasto solo nell’abitazione nella città cinese di Xingtai, nella provincia dell’Hebei. La madre del piccolo Qingshuai andava di fretta e doveva sbrigare una commissione che le avrebbe portato via poco tempo, per questo non ha chiuso la porta di casa. Una scelta che l’ha perseguitata per i successivi decenni. Dopo dieci minuti, la donna ha scoperto quello che mai avrebbe voluto vivere: suo figlio era scomparso.
Un lungo dramma durato 25 anni
Da quel momento è iniziato il calvario della famiglia Xie. I genitori di Qingshuai hanno battuto in lungo e in largo tutta la Cina settentrionale per cercarlo, prosciugando anche i risparmi che avevano da parte. Ma in loro aiuto e in quelle delle autorità è arrivato un algoritmo sviluppato dalla start-up di intelligenza artificiale Beijing DeepGlint Technology. Dopo 25 lunghi anni, i genitori di Xie si sono ricongiunti al figlio rapito da due sconosciuti, grazie all’algoritmo che confronta i volti delle persone di età diverse e li abbina a chi potrebbe essere un loro parente (cross-age face comparison algorithm).
L’algoritmo funziona in modo semplice. Il sistema di intelligenza artificiale analizza le caratteristiche facciali – come la dimensione degli occhi o l’altezza degli zigomi – e confronta potenziali parenti attraverso le somiglianze. Più alto è il punteggio, maggiore è la possibilità che le persone siano imparentate. Come è accaduto per Xie Qingshuai. L’azienda di Pechino ha utilizzato le foto di entrambi i genitori e del fratello maggiore del ragazzo per aiutare l’algoritmo a restringere la ricerca a cinque possibilità. Poi un test del DNA ha confermato la parentela di Qingshuai con i suoi genitori.
Il database della polizia cinese
C’è però una scarsità di dati che limita le funzionalità del sistema. Il problema dei rapimenti di bambini e i casi di bambini scomparsi negli ultimi decenni in Cina (frutto della politica del figlio unico, introdotta nel 1979 per fermare la crescita incontrollata della popolazione e poi sollevata nel 2015) ha spinto le autorità cinesi a collaborare con le aziende di intelligenza artificiale: il primo passo è aver concesso l’accesso ai database della polizia per addestrare i diversi modelli di intelligenza artificiale. La tecnologia del riconoscimento facciale e un programma di condivisione delle informazioni si sono rivelati determinanti alla polizia cinese per identificare e rintracciare i bambini scomparsi in un Paese con 1,4 miliardi persone, anche se non è chiaro quanti minori siano stati ritrovati.
Anche i colossi tecnologici cinesi hanno sviluppato modelli legati all’intelligenza artificiale per individuare i minori scomparsi anni prima. Il gigante della tecnologia Tencent e il motore di ricerca Baidu hanno sviluppato un modello che permette di generare una foto di come potrebbero apparire i bambini scomparsi 10 anni prima, attingendo dal database della polizia e del ministero degli Affari civili.
Contro il traffico di minori: una lotta che dura da decenni
Il governo cinese è in prima linea per la lotta al traffico degli esseri umani: secondo gli esperti, ogni anno spariscono tra i 10mila e i 60mila bambini cinesi. Nel 2021 il Consiglio di Stato (il ramo esecutivo dell’apparato statale cinese) ha approvato un piano decennale per contrastare il fenomeno che può essere molto lucrativo per i trafficanti: 4mila dollari per la vendita di un bambino, 2mila per una bambina. Tanto che il ministero della Pubblica Sicurezza ha dichiarato di voler promuovere l’uso delle tecnologie, incluso il programma di riconoscimento facciale, per combattere il traffico di bambini. Già nel 2009, lo stesso dicastero ha istituito un database nazionale del DNA e poi, cinque anni dopo, nel 2016, ha lanciato una piattaforma contenente le informazioni di emergenza per i bambini scomparsi, nota come “sistema di ricongiungimento”.
La notizia del ricongiungimento di Qingshuai con i suoi genitori ha scatenato però un acceso dibattito sui social media cinesi. Se molti hanno espresso la speranza di una maggiore collaborazione tra autorità e intelligenza artificiale, altri hanno sollevato dubbi sulla violazione della privacy. Diversi esperti hanno sollevato perplessità su questioni di carattere etico e legale sul ricorso al riconoscimento facciale su larga scala.
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La divulgazione non necessaria di informazioni personali potrebbe portare a una rivittimizzazione del minore, che vedrebbe lesa la sua reputazione e dignità a causa di un’esposizione nel tempo della sua immagine e della sua storia. O peggio. La foto del minore potrebbe essere utilizzata per una campagna pubblicitaria o in modo inappropriato senza che il diretto interessato – o i suoi genitori – abbiano acconsentito a un qualche utilizzo dell’immagine del suo volto. E in un Paese autoritario come la Cina, in cui è stata creata un’immensa rete di videosorveglianza con poteri quasi illimitati conferiti alla polizia per reprimere i dissidenti ed esponenti di minoranze etniche, è facile comprendere quale sia il pericolo del sistema di tecnologie integrate gestite da applicazioni di intelligenza artificiale.
Il dilemma del governo di Pechino
Lo scorso agosto, però, il governo della Cina ha deciso di imporre una stretta all’uso dei sistemi di riconoscimento facciale, tracciando nuovi e più stringenti confini normativi per l’applicazione di queste tecnologie da parte di aziende private. L’intento è chiaro: limitare la proliferazione di sistemi di sorveglianza in mano ai privati, mostrando al popolo di ascoltare le preoccupazioni sulla violazione della privacy.
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La Cyberspace administration of China (Cac), il principale organo di controllo di internet della Cina, ha reso pubblica la volontà di regolamentare l’uso di tecnologie di riconoscimento facciale solo ad alcuni “scopi specifici strettamente necessari”. La norma, aperta ai commenti del pubblico, vieterebbe la tecnologia biometrica bagni, spogliatoi o camere d’albergo e definirebbe un tempo massimo di conservazione delle immagini dei volti ritratti. Secondo la bozza, i volti dei minori di 14 anni non possono essere scannerizzati in mancanza del consenso di entrambi i genitori. Il governo cinese si trova quindi di fronte a un dilemma: normare la materia e, quindi, limitare il ricorso al riconoscimento facciale per ritrovare i bambini scomparsi, oppure ledere i diritti dei minori.
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Fonte : Today