Endo-Care: l’ambulatorio gratuito che riceve i soldi dall’Ue e nessun aiuto dall’Italia

L’associazione fiorentina supporta le donne affette da endometriosi combattendo il ritardo diagnostico e mettendo in campo un approccio multidisciplinare. La ginecologa e presidente Maria Celeste Esposto; “Disconoscere questa malattia è violenza di genere”

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Un ambulatorio gratuito gestito da una équipe multidisciplinare che apre le porte una volta al mese alle pazienti affette da endometriosi. Si chiama Endo-Care ed è nato a Firenze. “Mi occupo di endometriosi da trent’anni ma la svolta c’è stata in pieno lockdown. In quel momento ci siamo guardate dentro e ci siamo chieste cosa potessimo fare per rendere visibile e riconoscibile questa malattia che in Italia ha un ritardo diagnostico che va dagli 8 ai 10 anni”, spiega la ginecologa Maria Celeste Esposto, Presidente di Endo-Care. Sono volontari i medici e i professionisti, sono volontarie le donne affette da endometriosi che si occupano dell’accoglienza e dell’organizzazione degli appuntamenti. In tre anni di attività e oltre duecento donne prese in carico, Endo-Care ha ricevuto un importante finanziamento dell’Unione europea che si protrarrà per tutto il 2024.

Le origini

Il primo incontro di Endo-Care si è tenuto a dicembre 2020. “Nel frattempo abbiamo dovuto cambiare location perché la vecchia struttura a cui ci appoggiavamo non ci conteneva più. Ora ci dà ospitalità un centro di riabilitazione. Qui si può fare anche fisioterapia, pilates, piscina”. Si parte dalla diagnosi e dall’orientamento multidisciplinare per inserire le pazienti in un percorso personalizzato. Oltre alla ginecologa, ci sono due psicoterapeute “perché sappiamo bene quali sono le implicazioni psicologiche dell’endometriosi”, spiega Esposto, e due nutrizioniste – la corretta alimentazione è un aiuto fondamentale nella gestione della malattia. 

Il reddito non è un dettaglio

“Le pazienti sono seguite da ognuno di noi, è un approccio completamente nuovo alla malattia”, sostiene. Il benessere della donna è al centro: “La terapia farmacologica è fondamentale, ma conta anche quello che si può fare nella quotidianità, come dormire bene o fare più attività fisica o mangiare meglio. Sono comportamenti che migliorano la qualità della vita”. Per questo si affiancano un agopuntore e un osteopata. A Firenze arrivano da tutta Italia. “C’è una ragazza che è venuta dalla Calabria, una dalla Sardegna, anche molte dal nord”. Perché venire da così lontano? “La risposta è semplice. Non esiste ancora unìassistenza sanitaria per le donne affette da endometriosi. Le statistiche dicono che coinvolga il 10-15% delle donne in età fertile ma noi sappiamo benissimo che sono tante di più, considerando tutte le donne che non sanno di averla perché sono nel buco nero del ritardo diagnostico. Se è evidente che questa malattia colpisce così tante donne, al punto che le stesse linee guida dicono che abbia la stessa frequenza del diabete, non si capisce perché la sanità pubblica non debba prendersi cura di queste cittadine e offrire una copertura per gli ormoni che devono assumono. Perché l’insulina viene fornita e la terapia farmacologica che serve come terapia debba essere a carico della donna?”, si chiede Esposto. Senza contare che la multidisciplinarietà, l’approccio che dovrebbe sempre essere seguito nei casi di patologie così complesse, costa caro. Il reddito diventa un fattore determinante. “Le linee guida dicono che il follow up della paziente affetta da endometriosi – spiega la dottoressa – non è solo quello che si fa con la visita semestrale o annuale ma è anche follow up di tipo psicologico. La psicoterapia è costosa. Pensate a una donna che ogni settimana o ogni 15 giorni deve andare dalla psicologa per lo stato della sua malattia e associare anche la visita con la nutrizionista, con l’urologo e il gastroenterologo”. È scorretto infatti pensare all’endometriosi come di una patologia ginecologica perché coinvolge diversi apparati. “Quasi tutte le donne affette da endometriosi hanno problemi di colon irritabile e vescicali. C’è una mole di visite che la donna deve sopportare che sono anche dispendiose, per cui è chiaro che la multidisciplinarietà non è sostenibile per tutte. Con Endo-Care abbiano dato una risposta all’urgenza di questi problemi ma ci aspettiamo una presa di responsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale”, conclude. Per Esposto l’approccio multidisciplinare che è sostenuto da molti recenti studi dovrebbe essere istituzionalizzato. “Vorrei che molte delle pazienti che vedo privatamente vengano viste dai miei altri colleghi e che mi possa confrontare con loro.  Il mio sapere viene enormemente ampliato dalle competenze degli altri”.

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Il ritardo diagnostico come un buco nero

Ma se a marzo 2020 nasce Endo-Care è soprattutto per combattere sul campo il ritardo diagnostico, una battaglia che è anche culturale. Ancora oggi il dolore femminile viene sottovalutato dalla donna stessa.  “È stato dimostrato che in media prima di rivolgersi allo specialista o all’entità di cura la donna impiega più di due anni, perché le è sempre stato detto che quel dolore che sente è normale, che ce l’aveva la nonna, la zia, insomma tutte. A questo è dovuto la prima tranche di ritardo diagnostico”. Da dove si comincia per invertire la tendenza? “Per noi dalle scuole superiori. Andiamo nelle classi a dire che, no, non è normale e che quando il dolore sconvolge la capacità di fare attività quotidiana deve essere sempre indagato, deve insospettire”.

“Disconoscere l’endometriosi è violenza di genere”

L’altra faccia del ritardo diagnostico è la mancanza di ascolto e l’incapacità di riconoscimento della malattia da parte della stessa classe medica. “L’endometriosi è la malattia che fa capire nella pratica cosa sia la violenza di genere. So di usare una parola molto forte, però il fatto di avere dolore, stare male, andare in ospedale e fare ricoveri e non essere ascoltate è una forma di violenza di genere inaccettabile, quindi la seconda parte del lavoro che facciamo è con i colleghi. Cerchiamo di far capire che bisogna dar retta alla donna che prova dolore”. Il momento cruciale è quello della diagnostica: “Spesso quando facciamo l’ecografia e la valutazione ecografica non vediamo niente e, siccome siamo abituati solo a fare diagnosi di quello che vediamo, minimizziamo il dolore. Io mi batto per cambiare la narrazione e dico a tutti i medici che quando vediamo una diagnostica grosso modo normale ma abbiamo davanti la donna che sta male dobbiamo ascoltare quel dolore e considerare sempre l’ipotesi dell’endometriosi, impostando una terapia empirica. È una cosa che noi come Endo-Care facciamo da tempo e per fortuna le nuove linee guida redatte nel 2022 sono chiare. Quando vediamo ecograficamente i segni, ormai è troppo tardi e costringiamo la paziente a sottoporsi a interventi chirurgici anche invasivi.”. 

Da novembre 2022 Endo-Care è la capofila del primo progetto europeo di formazione e cooperazione sull’endometriosi, Endo-Team. L’obiettivo è proprio la formazione dei giovani professionisti sanitari europei. Il progetto presentato da Endo-Care durerà due anni ed è stato approvato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma per la formazione professionale Erasmus+. È stato messo a punto un videocorso, tradotto in quattro lingue e destinato a tutti i giovani operatori sanitari europei assieme ai nostri partner spagnoli dell’Asociación uno e i greci di GO Alive NGO. “Non  abbiamo avuto alcun tipo di sostegno se non quello europeo. Il comune e la regione e via dicendo non sanno nemmeno della nostra esistenza e questa è una distorsione enorme della realtà. Torniamo al problema del Ssn. In Italia siamo ancora molto indietro ”, denuncia Esposto.

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Fonte : Sky Tg24