Ieri sera a Roma è arrivato Alessandro Baricco.
È arrivato nel senso che si è rivisto in pubblico dopo tanto tempo. Alle 20, alla Feltrinelli di Via Appia, c’era in programma un suo dialogo con Matteo Caccia. Di fatto la prosecuzione di una cosa strana che i due hanno fatto assieme nei giorni scorsi: si chiama Wild Baricco ed è un podcast di oltre due ore, una durata senza senso per un podcast, un po’ come quando i Queens fecero Bohemian Rhapsody, che durava quasi sei minuti e il produttore disse loro che era troppo perché il brano passasse nelle radio e loro lo fecero lo stesso ed ebbero ragione. Wild Baricco è una intervista senza rete a tutto campo, con uno dei grandi scrittori del nostro tempo, fatta mentre combatte – senza parlarne mai direttamente – con una malattia feroce.
È un modo per festeggiare il suo ultimo romanzo, ha detto Baricco. Si chiama Abel, ed è bellissimo. Secondo me è il suo libro più bello: ne ho avuto la certezza quando ad un certo punto leggendolo ho pianto. Quando un libro ti fa piangere vuol dire che ti è entrato nel cuore e ti ha fatto scattare qualcosa. Per rivedere Alessandro, che è anche un amico, sono arrivato due ore prima e c’erano già decine di persone sedute in attesa. Girando per gli scaffali ho pensato che le librerie sono davvero un posto meraviglioso, il più bello dove perdersi. Non sono un relitto del passato in un mondo ormai digitale, ma dei luoghi vivi, pieni di storie, dove ogni libro promette di portarti in un nuovo mondo.
È il metaverso, ma fatto di parole. Baricco è entrato in scena poco dopo le 20. E ormai c’era una folla incredibile ad attenderlo. Aveva un Borsalino nero e dei guanti di lana tagliati sulle dita e l’applauso con cui è stato accolto è stato così lungo e affettuoso che posso giurarvi che era commosso. Ha detto un sacco di cose notevoli, ma la più importante di tutte è al minuto numero sette del podcast quando dice: “Ci sono poche cose belle nella vita come l’insegnamento e l’apprendimento, se non è così state perdendo tempo”. La serata è finita con queste parole: “A parte qualche problema con la malattia faccio la vita che volevo fare, sono un privilegiato e, sì, sono felice”.
Fonte : Repubblica