È sempre più lontana la tregua a Gaza e diminuiscono le speranze per un blocco dei combattimenti nel breve periodo. Al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite proseguono le discussioni per elaborare una risoluzione emiratina, sul tavolo da lunedì scorso: al centro del negoziato la gestione degli aiuti umanitari, mentre passa in secondo piano la sospensione delle ostilità, dopo che Hamas ha annunciato di condizionare qualsiasi negoziato alla fine delle operazioni militari israeliane.
Rinviato ancora il voto al Consiglio di sicurezza
Il voto al Palazzo di Vetro di New York è già stato rinviato quattro volte dall’inizio della settimana su richiesta degli Stati Uniti. Nella seduta che si è svolta ieri a porte chiuse, alcuni Paesi hanno espresso insoddisfazione per il testo, che sarebbe troppo annacquato sul tema degli aiuti umanitari alla Striscia di Gaza e gli ambasciatori hanno chiesto più tempo per consultarsi con i rispettivi governi. Nella bozza, che è il risultato di intensi negoziati tra Stati Uniti Emirati arabi ed Egitto, si chiede a Israele di permettere immediatamente un accesso umanitario sicuro e senza ostacoli a Gaza e si chiede di creare le condizioni per una cessazione sostenibile delle violenze, mentre non si parla più di sospensione immediata delle violenze. Dopo la nuova riformulazione, gli Stati Uniti avevano fatto sapere che sosterranno il testo. Fin da subito però è stato chiaro che gli Usa non avrebbero votato un testo del genere.
L’ambasciatrice degli Stati Uniti all’Onu ha dichiarato che dopo aver “lavorato duro e diligentemente nel corso della scorsa settimana” con l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti sulla risoluzione per Gaza, Washington era pronta “a sostenere la bozza così come era scritto”. Non è chiaro a questo punto cosa possa aver impedito per l’ennesima volta il voto nel consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il timore del veto degli Stati Uniti è vivo, dopo i precedenti delle scorse settimane. Washington vuole che si rispettano le richieste israeliane, come il controllo del contenuto dei camion diretti alla Striscia, per evitare che Hamas possa ricevere aiuti militari e carburante per i missili.
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Nuove indiscrezioni giornalistiche restituiscono le dinamiche di un gioco diplomatico e politico che gravano sui civili palestinesi. Benjamin Netanyahu sperava in un pressing Usa su Abdel Fattah al-Sisi affinché l’Egitto accogliesse palestinesi di Gaza sfollati a causa del conflitto nella Striscia, delle ostilità tra Israele e Hamas innescate dal terribile attacco del 7 ottobre in Israele. Il premier israeliano, ha scritto il Washington Post, chiese a Joe Biden pressioni sul Cairo per accogliere sul suo territorio parte della popolazione dell’enclave palestinese per la durata delle ostilità. Un’opzione non presa in considerazione dall’Egitto.
L’inferno umanitario
Mentre il lavoro diplomatico è ancora in fase di stallo, la situazione umanitaria nella Striscia si aggrava. Negli attacchi israeliani delle ultime 48 ore a Gaza sono stati uccisi 390 palestinesi e 734 sono rimasti feriti. Lo ha reso noto il ministero della Sanità della Striscia guidato da Hamas, che porta a 20.057 il numero delle vittime dal 7 ottobre e a 53.320 quello dei feriti. L’Onu denuncia il peggioramento della crisi alimentare, con oltre mezzo milione di persone (un quarto della popolazione totale) a rischio di morire di fame. Secondo i dati del rapporto, la difficoltà a procurarsi da mangiare tra la popolazione ha superato quanto è avvenuto in Afghanistan e Yemen negli ultimi anni. Il rapporto – citato dal Guardian – avverte che il rischio di carestia “sta aumentando ogni giorno”, imputando la fame agli aiuti insufficienti che entrano a Gaza. Arif Husain, capo economista del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite ha dichiarato: “Non ho mai visto qualcosa delle dimensioni di quanto sta accadendo a Gaza. E a questa velocità.” L’Organizzazione mondiale della sanità riporta che non ci sono più ospedali pienamente funzionanti.
Fonte : Today