Tracce di creme solari e altri prodotti di cura personale hanno raggiunto anche la neve delle Isole Svalbard, al Polo Nord, proprio là dove in inverno il sole non sorge neanche durante le ore diurne. A riportarlo è un gruppo di scienziati dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Isp), in collaborazione con l’Università delle Svalbard, che insieme hanno esaminato la distribuzione spaziale e stagionale di 13 composti comunemente presenti in questo tipo di prodotti. I risultati, pubblicati su Science of the Total Environment, ne hanno rivelato la presenza sia nelle vicinanze che a distanza del villaggio abitato di Ny-Ålesund, dov’è situata la stazione di ricerca Dirigibile Italia.
Lo studio
Il campionamento ha coinvolto cinque ghiacciai della penisola di Brøggerhalvøya, nel nord-ovest delle Isole Svalbard, ed è stato condotto nei mesi di aprile e maggio del 2021. “Questa è la prima volta che molti dei contaminanti analizzati, quali Benzofenone-3, Octocrilene, Etilesil Metossicinnamato e Etilesil Salicilato, vengono identificati nella neve artica”, racconta Marianna D’Amico, dottoranda in scienze polari presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e prima autrice dello studio. La maggior parte dei composti rilevati, spiegano i ricercatori, presenta concentrazioni più elevate a quote basse, ad eccezione dell’Octocrilene e del Benzofenone-3, due filtri UV comunemente utilizzati nelle creme solari, che sono presenti in quantità considerevoli anche sulla cima dei ghiacciai presi in esame.
Trasporto atmosferico a lungo raggio
“I risultati evidenziano come la presenza dei contaminanti emergenti nelle aree remote sia imputabile al ruolo del trasporto atmosferico a lungo raggio”, aggiunge Marco Vecchiato, ricercatore in Chimica analitica presso la Ca’ Foscari e ultimo autore dello studio: “Infatti, le concentrazioni più alte sono state riscontrate nelle deposizioni invernali. Alla fine dell’inverno, le masse d’aria contaminate provenienti dall’Eurasia raggiungono più facilmente l’Artico”. E l’esempio più evidente del fatto che almeno parte di questi prodotti venga da molto lontano è costituito proprio dal rilevamento di alcuni filtri UV comunemente utilizzati nelle creme solari: “L’origine delle maggiori concentrazioni invernali di questi contaminanti non può che risiedere nelle regioni continentali abitate a latitudini più basse: alle Svalbard durante la notte artica il sole non sorge e non vengono utilizzate creme solari”, prosegue Vecchiato.
Prodotti contaminanti
E, purtroppo, non c’è dubbio neanche sul fatto che si tratti o meno di prodotti potenzialmente dannosi per l’ambiente: parliamo infatti di sostanze che sono attualmente sotto indagine da parte dell’Unione Europea, e che comunque hanno già dimostrato di avere effetti nocivi sugli organismi acquatici. Diversi studi mostrano per esempio che l’accumulo di Benzofenone-3 nei mari soggetti a elevato flusso turistico costituisce una minaccia per la sopravvivenza dei coralli. Alcune di queste sostanze possono inoltre interferire con il funzionamento del sistema endocrino e ormonale degli animali marini.
Monitorarne la presenza anche nelle zone più remote del pianeta come il Polo Nord è quindi fondamentale, anche nell’ottica della loro remissione nell’ambiente durante il periodo di scioglimento delle nevi: “Sarà fondamentale comprendere i fenomeni di trasporto e deposizione di tali contaminanti nelle aree polari, soprattutto in relazione alle variazioni delle condizioni stagionali locali”, conclude Andrea Spolaor, ricercatore presso il Cnr-Isp e co-autore dello studio. “Condizioni che stanno mutando rapidamente in risposta al cambiamento climatico, che in Artico avviene quattro volte più velocemente rispetto al resto del mondo”.
Fonte : Wired