Nel Paese aumentano le donne costrette a prostituirsi nei club a causa del forte indebitamento. In questo contesto la Chiesa cattolica è in prima linea insieme ad alcune organizzazioni come Nippon Kakekomidera. La fondatrice dell’associazione, Hidemori Gen: “I club sono un business che non è diverso dal traffico di esseri umani. Non vendono champagne: vendono corpi di donne”
Tokyo (AsiaNews) – Tra gennaio e settembre 2023, a Tokyo la polizia giapponese ha preso in custodia 80 donne che si prostituivano, di età compresa tra i 20 e i 46 anni: un aumento considerevole rispetto ai 51 arresti effettuati nell’intero 2022. Il quartiere della vita notturna di Kabukicho nella Capitale è l’area in cui la polizia ha individuato il numero crescente di donne costrette a vendere il proprio corpo. La maggior parte sono sommerse dai debiti e vengono “impiegate” nei club che offrono intrattenimento per adulti. Spesso dietro questi locali ci sono reti criminali che attirano e intrappolano proprio giovani donne indebitate. Questi posti in particolare a Tokyo e a Osaka nel post-Covid sono aumentati, sfruttando una lacuna nella legislazione giapponese: l’atto di “vendere sesso” non è vietato. Lo è solo l’atto di promuovere e “vendere il sesso” nei luoghi pubblici, poiché la legislazione intende mantenere dell’ordine pubblico apparente e prevenire il disturbo pubblico legato all’adescamento.
La Chiesa cattolica le associazioni stanno cercando di riempire queste lacune. In prima linea da anni, proprio a Kabukichō, c’è Hidemori Gen che gestisce un centro di accoglienza per donne sfruttate sessualmente e che negli ultimi mesi ha ricevuto 300 persone che si sono presentate al suo centro. Sono principalmente i genitori di queste ragazze che vorrebbero toglierle dai club, ma che si vergognavano troppo per parlare con gli amici e la polizia ha le mani legate per via della normativa vigente: “Stiamo parlando di donne con un futuro promettente che rimangono intrappolate”, ha detto Gen, 67 anni, fondatrice di Nippon Kakekomidera (“tempio e rifugio giapponese”), un’organizzazione non-profit che aiuta le giovani in difficoltà e sfruttate sessualmente nel quartiere dal 2012. “I club funzionano con un modello di business che non è diverso dal traffico di esseri umani. Non vendono champagne: vendono corpi di donne”.
In questo contesto la Chiesa cattolica in Giappone, contando sulla sua vasta rete di gruppi e iniziative di beneficenza, è una delle poche istituzioni che è presente per sostenere queste donne che si ritrovano schiave della prostituzione. Diversi gruppi legati alla Chiesa cattolica sono da anni in prima linea nella gestione di case sicure per queste ragazze che vogliono lasciarsi alle spalle la prostituzione. All’interno di questi centri, le donne ottengono non solo alloggi temporanei ma anche consulenza legale, programmi di riabilitazione, formazione professionale e sostegno spirituale per ricominciare la propria vita. Tra le realtà più attive ci sono Caritas Giappone e Talitha Kum Japan.
Fonte : Asia