Nel 2024 festeggerà i suoi primi 60 anni di vita: nata nel Bresciano come società familiare della componentistica per l’automazione industriale, oggi Camozzi è una multinazionale che vende in oltre 75 Paesi, con cinque divisioni e 26 siti produttivi. Core business è l’industria 5.0. Un simbolo del made in Italy che non luccica sulle passerelle dell’alta moda, ma lontano dai riflettori illumina gli hangar industriali nel mondo. “Siamo un gruppo che è a monte di tantissime filiere: tutte le persone che utilizzano automobili, treni o aerei hanno a che fare con il nostro lavoro, ma è difficile darci una definizione perché ci occupiamo di automazione, meccatronica, machine tools e anche stampa 3D”, dice Lodovico Camozzi, presidente e amministratore delegato del gruppo.
Negli ultimi 20 anni, racconta, “l’industria ha vissuto una rivoluzione pari a quella dei tre secoli precedenti”. Il digitale, il cloud e l’intelligenza artificiale hanno aperto nuovi scenari all’interno della vita in fabbrica, l’attenzione alla sostenibilità ha imposto nuove priorità: “La rivoluzione del 4.0 ci ha consentito di digitalizzare tutti i processi all’interno della fabbrica, con un monitoraggio costante per dare ai nostri clienti dati in tempo reale e predittivi. Questo ha creato molta cultura nei processi e nei materiali con lo sviluppo delle piattaforme 5.0: l’attenzione non è solo sulla digitalizzazione, ma la manifattura tecnologicamente avanzata è focalizzata sulla sostenibilità dei processi, con simulazioni velocissime che permettono di governare la supply chain”.
Il 3% dei ricavi sulla ricerca, 455 brevetti
Per essere sulla frontiere dell’innovazione, Camozzi investe il 3% del fatturato in attività di pura ricerca e sviluppo (“Senza contare la ricerca applicata che consideriamo spesa corrente”, evidenzia il capo azienda). Nel 2022, ultimo dato disponibile, la società ha fatturato 534 milioni di euro e per il 2023 vede il “record” di ricavi. Conta 3mila dipendenti e 455 brevetti depositati. A luglio 2023 ha aperto le porte un centro di ricerca trasversale, nella periferia di Milano: “La testa della ricerca è salda in Italia. Abbiamo bisogno di innovare nella tecnologia e nei processi perché è un momento di grande cambiamento. Noi puntiamo a crescere organicamente, ma se ci fosse la possibilità di qualche acquisizione che ci faccia fare un progresso tecnologico la faremmo: vogliamo individuare rami d’azienda o startup avanzate che possano permetterci di accelerare davvero. Potremmo fare anche qualcosa di più grosso, magari non da soli perché non abbiamo preclusioni ad aprirci al mercato se il fine è creare valore per i nostri clienti e stakeholder”, sottolinea Camozzi.
Anche grazie alle “partnership con le università”, la multinazionale bresciana lavora sodo sulla scienza dei materiali, sulla robotica e automazione industriale. “Presto molti lavori saranno svolti da robot e da macchine, ma la centralità dell’uomo è intatta: l’interconnessione uomo-macchina diventerà sempre più abilitante con l’intelligenza artificiale generativa e la meccatronica, con i suoi componenti hardware e software miniaturizzati che abiliteranno i grandi calcoli in tempo reale”.
La scommessa sulla stampa 3D
Una linea sulla quale Camozzi scommette è la stampa 3D: “L’additive manufacturing – sottolinea l’ad – ha un potenziale veramente grande, legato alla crescita della scienza dei materiali che ci dà la possibilità di personalizzare materiali, in settori come quello aerospaziale e del life science”. Non solo: con la stampa additiva, nota il top manager, vengono superati i limiti che i processi tradizionali impongono alla fantasia, aprendo il campo alla realizzazione di geometrie complesse con un utilizzo ridotto di materie prime. “La stampa 3D – aggiunge Camozzi – ci porta nell’era del riciclo e della localizzazione della supply chain: aiuterà chi non vuole fare grandi magazzini ad avere sempre a disposizione ciò di cui ha bisogno”.
La stampa additiva, spiega Camozzi, “è una parte integrante fondamentale per il nostro sviluppo dell’aeronautica e dell’aerospazio e per le strutture del mondo navale e civile, come real estate e la componentistica”. La società riesce a realizzare manufatti giganteschi, di 8 metri di diametro e 20 di lunghezza, “tutti in carbonio”. Secondo Camozzi, la forza della stampa additiva è proprio il suo essere tecnologia pura d’avanguardia: “Lavoriamo in co-design con i nostri clienti e possiamo mettere insieme dei materiali che nessuno poteva immaginare, anche grazie al riciclo. Abbiamo fatto molti esperimenti e messo insieme dei brevetti”.
Fonte : Wired