Ufficialmente nello spazio si chiama NGC 2264, ma è stato rinominato “Ammasso dell’albero di Natale” dagli scienziati della Nasa che ne hanno proprio ieri rilasciato un’immagine. Si tratta di un ammasso di giovani stelle che si trova all’interno della nostra galassia, a circa 2.500 anni luce di distanza dalla Terra. Le stelle che lo costituiscono hanno un’età che va da uno a cinque milioni anni, e una massa che può variare da un decimo a sette volte quella del Sole.
Un’immagine composita
L’aspetto natalizio, spiegano dalla Nasa in un articolo di accompagnamento all’immagine, è dovuto alla scelta dei colori associati alle diverse lunghezze d’onda, e alla rotazione di circa 160 gradi in senso orario dello scatto iniziale rispetto al Nord astronomico, in modo da far apparire l’albero come se fosse effettivamente posizionato in verticale.
Le “lucine” blu e bianche sono raggi X relativi a giovani stelle, visti attraverso gli occhi del telescopio Chandra della Nasa, progettato proprio per rilevare questo tipo di lunghezze d’onda in regioni piuttosto calde dell’Universo, caratterizzate dalla presenza di stelle esplose, ammassi di galassie o di materia che si trova in prossimità di un buco nero. Gli “aghi verdi” dell’abete corrispondono invece alle lunghezze d’onda emesse dal gas della nebulosa, fotografati del telescopio WIYN della National Science Foundation, situato sul Kitt Peak, in Arizona.
Illuminazione natalizia
E per aggiungere un ulteriore tocco natalizio, gli scienziati della Nasa hanno anche creato un’animazione (visibile a questo link) in cui le luci bianche e blu si spengono e si accendono contemporaneamente, come succede con le luci dell’albero. Diciamo che si tratta di un effetto ispirato al fatto che nello spazio le stelle giovani tendono ad emettere forti brillamenti nei raggi X, che però solitamente, come si può intuire, non sono sincroni. Anche in questo caso si tratta quindi di un piccolo (e dichiarato) trucchetto, che sembra quasi rendere un po’ più familiare questo angolo di Universo così distante dalla Terra.
Fonte : Wired