Copilot, l’intelligenza artificiale generativa di Microsoft, ha messo a disposizione dei suoi utenti un nuovo plug-in – più semplicemente: una nuova funzione – che permette di generare una canzone a partire da un semplice testo.
Mi è bastato chiedere a Copilot – dopo aver attivato il plug-in Suno come mostrato nell’immagine sottostante – di creare “una canzone pop su un amore ossessivo” e dopo meno di un minuto ho ottenuto un breve audio, di circa 40 secondi, contenente i versi iniziali di un brano e il suo ritornello.
L’IA ha chiamato la canzone “Runaway Love”, in italiano “Fuga da un amore”, e ha fatto tutto da sola: ha scritto i versi, ha generato la musica che li accompagna e ha usato come interprete una cantante virtuale.
Il risultato è sorprendente. Non solo per i versi in rima che, se comparati a brani autentici sull’amore, appaiono ben scritti. Ma anche per la struttura stessa della canzone, con addirittura un controcanto (nel ritornello) che rende il brano ancora più credibile. La voce sintetica, poi, si distorce in modo impercettibile.
Ecco le due versioni che ho ottenuto:
“Runaway Love” non è un capolavoro, questo è certo, e l’IA di Copilot per creare musica ha i suoi limiti: i brani prodotti non superano il minuto, e se ne possono creare gratuitamente al massimo due al giorno.
Ma è pur vero che Microsoft, rispetto alle altre big tech impegnate nella corsa all’IA, nella generazione di canzoni ha fatto un enorme salto in avanti integrando nella sua intelligenza artificiale generativa, Copilot, le capacità di Suno AI, una startup composta da “un gruppo di musicisti e di esperti di IA che ha il suo quartier generale a Cambridge, nel Massachusetts”.
Albertino “IA, gli artisti devono mettersi in gioco”
Suno AI consente di creare canzoni anche attraverso il suo sito ufficiale, a cui si può accedere gratuitamente. Ho provato a chiedere “un brano di Natale che potrebbe diventare una hit” e in risposta ho ottenuto questa canzone, chiamata “Underneath the Christmas Tree”, che presenta una serie di acuti e un’armonizzazione della voce notevoli, se si tiene conto del fatto che l’interprete non è reale. A questo proposito è interessante notare come sia Copilot, sia Suno AI, abbiano utilizzato di default due voci femminili.
Microsoft non è la prima azienda ad aver lanciato una IA generativa in grado di creare musica. Ma di fatto è la prima ad aver reso disponibile questa tecnologia in un chatbot, vale a dire un’interfaccia pensata per consentire a un utente di condurre una conversazione – attraverso il testo o la voce – con un’intelligenza artificiale.
ChatGpt, una delle IA generative più famose al mondo, per esempio non consente di generare musica a partire da un testo. Al massimo, può comporre i versi di un brano.
L’IA di Google riscrive “Bella Ciao”. La musica è sul punto di cambiare
Google, che ha sviluppato da tempo uno strumento in grado di creare brevi tracce sulla base di un prompt, non dà ancora la possibilità di associare alle basi musicali una voce virtuale. Lo strumento in questione si chiama MusicLM e, tra l’altro, non è ancora disponibile in Italia.
La creazione di brani musicali attraverso l’IA pone nuovi interrogativi e nuove problematiche, in particolare riguardo la questione dei diritti. Lo scorso aprile una canzone generata dall’IA usando le voci di Drake e The Weeknd è diventata una hit su Spotify, prima di essere rimossa, con milioni di ascolti. Copilot e Suno AI non possono creare brani ispirandosi ad artisti famosi, ma questa possibilità esiste – attraverso l’uso di altri strumenti meno controllati – e preoccupa le case discografiche e gli stessi artisti.
C’è poi la questione della proprietà intellettuale di un’opera o un’invenzione creata da un’IA. Recentemente l’Intellectual Property Office del Regno Unito ha rifiutato due brevetti a un informatico americano, Stephen Thaler, che intendeva registrare due invenzioni frutto dell’IA che ha sviluppato. L’ufficio britannico sostiene che i brevetti possono essere ottenuti solo da esseri umani o aziende. E non da una macchina. Thaler ha fatto appello alla Corte Suprema del Regno Unito. Ma anche quest’ultima ha confermato il giudizio espresso dall’Intellectual Property Office.
Fonte : Repubblica