OpenAI, il cda avrà potere di veto su Sam Altman

Non solo un team per controllare l’intelligenza artificiale sovrumana: sono diverse le politiche messe in campo da OpenAI per contrastare i rischi legati alla tecnologia del momento. L’ultima in ordine di tempo, come riporta Business Insider, riguarda l’organizzazione interna della società.

In particolare, lo scorso 17 dicembre l’azienda di San Francisco ha diffuso un nuovo quadro di sicurezza denominato “quadro di preparazione” che, tra le altre misure per “tracciare, valutare, prevedere e proteggere dai rischi catastrofici posti da modelli sempre più potenti”, conferirebbe al consiglio di amministrazione poteri di veto sull’amministratore delegato Sam Altman.

Nel dettaglio, OpenAI metterà in piedi un gruppo di lavoro consultivo chiamato a valutare le questioni legate alla sicurezza interfunzionale. Tra le altre funzioni, esso avrebbe quella di rivedere i rapporti sui rischi emergenti per poi aggiornare direttamente l’amministratore delegato e il consiglio d’amministrazione dell’azienda californiana. Al termine di questo processo, l’autorità decisionale spetta poi al cda e non all’ad.

In base al nuovo quadro di sicurezza, Sam Altman e il team che lavora a stretto contatto con lui saranno dunque chiamati a rispondere al consiglio di amministrazione di OpenAI. Situazione peraltro in linea anche con ciò che lo stesso dirigente ha detto pubblicamente in un’intervista rilasciata a giugno a Bloomberg: “Qui – disse – non ci si dovrebbe fidare di nessuno. Non ho azioni con super voto. Non le voglio. Il consiglio può licenziarmi. Penso che sia importante“.

E in effetti lo scorso 17 novembre il 38enne di Chicago era stato mandato via dall’azienda che aveva fondato nel 2015 con Elon Musk a causa di attriti con alcuni membri del cda e riguardanti il rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale, su cui il manager non sarebbe stato “abbastanza sincero”. Nei giorni successivi, ci furono il ritorno in carica dell’ad e il cambio dell’organigramma del cda, che oggi comprende Bret Taylor, Larry Summers e Adam D’Angelo.

Fonte : Wired