KoBold ha detto che userà i finanziamenti ricevuti per acquisire altri dati geologici e mappare nuove regioni. Attualmente si sta concentrando in Zambia, paese dell’Africa centro-meridionale situato nella cosiddetta Copperbelt, la “cintura del rame”, dove conta di avviare la produzione di rame e cobalto entro dieci anni. La miniera si chiama Mingomba e la startup sta utilizzando l’intelligenza artificiale per velocizzare la scoperta di nuovi depositi altrettanto corposi, non solo in Zambia, ma anche in Botswana, Congo e Namibia. KoBold sta cercando metalli per le batterie pure in Australia (assieme a un colosso del settore come Bhp) e sulla costa occidentale della Groenlandia, ritenuta ricchissima di cobalto e nichel.
L’Agenzia internazionale dell’energia sostiene che, stando alle politiche climatiche annunciate dai governi, il fabbisogno mondiale di minerali per le tecnologie pulite raddoppierà entro il 2040. Tuttavia, se la svolta verde dovesse essere ancora più decisa, come chiedono in molti, si ipotizza una crescita della domanda mineraria di quattro o sei volte superiore rispetto ai valori attuali. Bisognerà fare tante prospezioni e aprire tante miniere, insomma, e l’intelligenza artificiale può contribuire a rendere questo processo il più efficiente possibile.
Le startup che usano l’AI per scoprire nuovi materiali
L’AI può essere di grande aiuto anche nella fase preliminare della ricerca scientifica, accelerando, ad esempio, la scoperta di nuove combinazioni chimiche e materiali in grado di rendere le batterie più performanti. Alla transizione ecologica servono batterie migliori, che si ricarichino in fretta e che sappiano contenere più energia in meno spazio. Ma la strada per realizzarle è lunga e complicata, e i tradizionali metodi di trial-and-error mal si conciliano con il fatto che il tempo a disposizione è poco. Anche dopo aver finalmente trovato un’innovazione dirompente, il passaggio successivo – quello dal laboratorio al mercato di massa – richiede di solito decenni.
Ma il machine learning può essere un buon alleato dei chimici. Quelli dell’Università Carnegie Mellon della Pennsylvania utilizzano un sistema chiamato Dragonfly che li supporta nella ricerca di elettroliti ad alte prestazioni, mostrando loro varie soluzioni tra le migliaia di formule possibili. In questo modo riescono a scartare subito le miscele di sostanze che non funzionano, velocizzando il lavoro.
Fonte : Wired