Per Cmc, azienda umbra specializzata nel packaging a basso impatto ambientale, la sostenibilità non è un vezzo o un modo per pulirsi la coscienza: è un modello di business. O meglio, utilizzando le parole di Francesco Ponti, ad e fondatore dell’azienda, “oggi la sostenibilità non è più un trend, ma un metodo di lavoro”.
Dieci anni fa, l’azienda di logistica ha preso la decisione di focalizzarsi sulla produzione di macchine in grado di fabbricare scatole per il trasporto fatte su misura per ogni tipo di prodotto. Il timing è stato perfetto. In quel periodo, l’ecommerce stava registrando una crescita significativa, dando origine a enormi centri logistici per spedire i prodotti acquistati online. Notando l’inefficienza di scatole voluminose contenenti spazi vuoti – il 95% dell’impacchettamento avviene ancora oggi manualmente, utilizzando scatole di dimensioni preformate – l’azienda ha sviluppato l’idea del packaging su misura. Hanno progettato delle macchine che fabbricano scatole di cartone fatte appositamente per adattarsi al prodotto, consentendo notevoli risparmi in termini di materiali e riduzione delle emissioni di CO2. Il risultato? Nel 2022 hanno risparmiato oltre 340mila tonnellate di emissioni di CO2 equivalente, 194mila tonnellate di cartone e 43 milioni di metri cubi tra imballaggi e materiali di riempimento.
Attenzione all’ambiente
Non è un caso allora che Cmc abbia attirato, ormai qualche anno fa, l’attenzione di aziende internazionali che hanno investito nel progetto, tra cui e Kkr, il fondo di private equity americano che ha da poco acquisito Tim, e che ha creato il fondo Global found per investire in iniziative sostenibili. Ma anche Amazon che contribuisce all’impresa con il fondo d’investimento per il clima della famiglia Bezos: l’Amazon Climate pledge fund. La strategia di Cmc di aprirsi a investitori stranieri ha portato a una crescita significativa per l’azienda, che è passata da 100 a 600 dipendenti in 5 anni, con un aumento del fatturato da 50 a 160 milioni di euro e con progetti che valorizzano il capitale umano premiando i propri dipendenti con gli utili della società. Inoltre, l’azienda ha esteso la propria presenza a livello internazionale, con filiali negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Germania e in Olanda. Ma tutto parte ancora dall’Italia: nei laboratori in val Tiberina, tra Umbria e Toscana si progettano le nuove macchine, vengono assemblate e successivamente vengono esportate in tutto il mondo.
Ora la parola d’ordine è internazionalizzazione. Il mercato estero in cui Cmc si è distinta maggiormente è senza dubbio quello americano, che contribuisce per circa il 50% degli introiti complessivi dell’azienda. E a guardare bene c’è più di un dettaglio che avvicina Francesco Ponti ai grandi imprenditori della Silicon Valley: “Pure in Italia li abbiamo i garage. Cmc è partita proprio così: in quello di mio padre”. L’ad ha evidenziato che il nucleo delle filiali va oltre la semplice vendita di macchinari, concentrandosi sulla creazione di un ecosistema che supporti i clienti in tutte le fasi correlate ai prodotti offerti. Il servizio comprende assistenza tecnica in loco, showroom per i nuovi macchinari e fornitura di materiali per la produzione di scatole. Guardando al futuro, dice l’imprenditore, l’azienda sta valutando l’opportunità di avviare attività di assemblaggio in loco, mirando a ridurre i rischi connessi alla supply chain.
Il ruolo dell’AI
L’occhio di Ponti e della sua azienda è sempre rivolto al futuro del settore e non manca di posarsi sulle tecnologie più interessanti e chiacchierate. “L’intelligenza artificiale può essere uno sbocco interessante per ottimizzare il workflow delle nostre macchine, almeno fino a quando non inventeranno il teletrasporto”. Ma anche il settore della sostenibilità è in costante evoluzione, e ciò che attualmente viene considerato a basso impatto ambientale da clienti e investitori potrebbe non essere più sufficientemente ecologico domani. Un chiaro esempio di questo dinamismo è la crescente tendenza globale a ridurre l’uso della plastica e ad abbracciare massicciamente l’impiego della carta nell’ambito del packaging.
Questa transizione, sebbene ancora fatichi ad attuarsi del tutto, specie nei settori del packaging di consumo, solleva nuove preoccupazioni per chi fa della carta il centro del proprio business, come Cmc. Infatti, l’aumentata domanda di questo materiali comporta notevoli impatti ambientali in termini di deforestazione, creando così il rischio di sostituire un problema ambientale con un altro. Cmc ha già recepito questo il nuovo trend e punta già ora a trovare soluzioni per la riduzione della carta.
“Con aziende come Amazon che si stanno organizzando per la propria logistica, la natura del packaging sta cambiando”, ricorda l’ad. La tendenza è puntare verso stabilimenti di logistica più piccoli e vicini alle città come risposta diretta alla crescente richiesta di spedizioni rapide. La diminuzione delle distanze percorse non solo riduce l’impatto ambientale, ma elimina anche la necessità di passaggi intermedi tra gli stabilimenti di logistica. In questo contesto non è più essenziale che il packaging sia una scatola rigida e protettiva; sempre più spesso, le aziende stanno adottando soluzioni più flessibili, come buste, per ridurre la quantità di carta utilizzata.
Fonte : Wired