“Ci auguriamo che ci sia un’azione da parte del nostro governo e dei nostri canali diplomatici”. È l’appello fatto all’Ansa dal padre di Ilaria Salis, anarchica milanese di 39 anni rinchiusa da quasi un anno in un carcere di massima sicurezza a Budapest, in Ungheria, con l’accusa di aver aggredito due neonazisti lo scorso 11 febbraio nella capitale ungherese durante il “giorno dell’onore”, manifestazione a cui partecipano i nostalgici di Hitler. Il genitore, Roberto Salis, ha scritto una lettera alla premier Giorgia Meloni, ai ministri Antonio Tajani e Carlo Nordio e ai presidenti di Camera e Senato per invocare un intervento dell’esecutivo di fronte alle “violazioni di diritti umani” che sta subendo la figlia in carcere, dove è detenuta “in condizioni disumane”, come da lei stessa denunciato in una lettera inviata ai suoi legali.
I piedi legati e il guinzaglio di cuoio
I racconti che Ilaria Salis ha fatto ai suoi avvocati in Italia delineano un quadro allarmante. Ha parlato di detenuti obbligati a stare rivolti “verso il muro” reclusi “23 ore su 24” in celle all’interno di sezioni miste uomini e donne con “cimici, scarafaggi e topi”. La donna ha anche raccontato che, durante il trasporto dei detenuti (ad esempio in tribunale), gli agenti, oltre alle manette, usano un cinturone di cuoio con fibbia, e legano tra loro i piedi del detenuto con due cavigliere di cuoio, chiuse con lucchetti e unite tra loro con una catena. E infine un guinzaglio di cuoio, fissato a una manetta a uno dei polsi, tenuto all’estremità dall’agente di scorta.
Poi malnutrizione, nessun riguardo per l’igiene personale, e altro ancora. Salis è stata costretta a indossare abiti sporchi, inclusa la biancheria intima per “circa 5 settimane”, fino a quando il consolato italiano non è stato autorizzato a consegnarle il primo pacco. Si parla anche di reclusi obbligati a lavorare “a tempo pieno” in carcere per 50 euro al mese, e mancate retribuzioni per i detenuti stranieri.
Ilaria Salis, l’italiana in carcere in Ungheria: “Topi in cella, abiti sporchi, detenuti al guinzaglio”
Secondo quanto riferisce il padre, la figlia rischia una pena fino a 16 anni, ben più pesante rispetto a quanto prevede il codice italiano per lesioni “guarite in 5 e in 8 giorni”. Nessuna risposta, per il momento, così come nessuna risposta, ha fatto sapere il genitore, era arrivata alle prime lettere, una inviata sempre a Meloni il 22 marzo e un’altra al ministero della giustizia a dicembre per chiedere di agevolare la concessione di misure cautelari da scontare in Italia.
“È inaccettabile che un cittadino possa ritrovarsi in una situazione così irreale – ha affermato il padre – e credo sia disarmante per un italiano sapere che, qualora si trovasse in una situazione così, non può contare neanche su una risposta”. I contatti tra Ilaria e la famiglia sono stati negati durante i primi sei mesi di carcere, poi da settembre i genitori hanno iniziato a comunicare con la figlia e sono andati due volte a Budapest trovandola “molto provata”.
Secondo Roberto Salis i rapporti tra il governo italiano e il premier ungherese Viktor Orbán “potrebbero essere, dal nostro punto di vista, un enorme vantaggio”, ma anche “un enorme svantaggio. Dipende da quali sono gli obiettivi”. E anche se “ci può essere malizia nel pensare” che le difficoltà della figlia siano legate anche al fatto di essere “schierata politicamente in contrasto” con l’attuale governo, “una maggioranza illuminata – ha aggiunto – per dimostrare di esserlo, dovrebbe e potrebbe occuparsi anche dei suoi avversari”.
“Ilaria non ha alcuna intenzione di sottrarsi al processo che partirà il 29 gennaio, ma noi chiediamo che possa avere i domiciliari in Italia”, ha detto l’avvocato Eugenio Losco che difende la donna in Italia, sottolineando che le è già stato proposto un patteggiamento a 11 anni “che ha ovviamente rifiutato, perché si dichiara innocente e perché è una pena altissima per un reato che nel nostro paese viene punito con circa 4 anni. Faremo appello anche al Parlamento europeo affinché torni in Italia”.
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Fonte : Today