La rimozione della CO2 porta con sé un enigma climatico: rappresenta un imperativo per l’umanità, ma se viene fatta nel modo sbagliato i critici temono che possa diventare una distrazione dall’obiettivo di ridurre rapidamente le emissioni, sottraendo fondi e risorse di ricerca all’energia pulita. Nel peggiore dei casi, la rimozione della CO2 potrebbe addirittura incoraggiare il ricorso ai combustibili fossili, dal momento che permette ai paesi di dichiarare che stanno eliminando anidride carbonica dall’atmosfera per compensare le loro emissioni (il cosiddetto “zero netto”, che l’accordo di Cop28 chiede di raggiungere a livello globale entro il 2050).
Pregi e difetti della Dac
Le tecniche di rimozione della CO2 possono essere tecnologiche o naturali, anche se sempre più spesso si ricorre a una fusione tra le due alternativa. La tecnologia dominante al momento è la cattura diretta dell’aria, o Dac. Si tratta di macchine giganti che aspirano l’aria e filtrano la CO2. Come un purificatore che separa la polvere dall’aria, gli impianti Dac ripuliscono l’atmosfera dalla CO2 (tecnicamente, la rimozione dell’anidride carbonica è una cosa diversa dalla cattura del CO2, che intercetta il gas alla fonte prima che raggiunga l’atmosfera).
La Dac è però una tecnologia nascente e in quanto tale non è neanche lontanamente in grado di operare sulla scala necessaria per ridurre le emissioni globali. Nel 2021, i ricercatori hanno calcolato che sarebbe necessario un enorme investimento annuale, tra l’uno e il due per cento del prodotto interno lordo globale, per eliminare circa 2,3 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno entro il 2050. Per mettere questo dato in prospettiva, le emissioni globali di CO2 sono attualmente di circa 40 miliardi di tonnellate all’anno, e purtroppo stanno aumentando invece di diminuire. Lo studio del 2021 ha rilevato che avremmo bisogno di un numero di impianti Dac compreso tra quattromila e novemila entro il 2075, e di oltre 10mila entro il 2100, per sequestrare fino a 27 miliardi di di CO2 all’anno.
La Dac potrebbe quindi svolgere un ruolo nella rimozione della CO2 dall’atmosfera, ma il suo impatto sarà proporzionale alla riduzione delle emissioni di CO2. La quantità di denaro necessaria per la tecnologia sarà notevole: “Potremmo davvero scalare abbastanza velocemente da passare da un paio di milioni di tonnellate all’anno ora a, diciamo, un miliardo di tonnellate all’anno nel 2050? – si chiede Nemet –. È su questo punto che sono più ottimista. Potremmo farcela, ma è una sfida. Questo non cambia affatto la nostra politica attuale, o quale dovrebbe essere il nostro obiettivo: dobbiamo iniziare a ridurre le emissioni molto rapidamente e arrivare quasi a zero entro il 2050“.
Fonte : Wired