“Sulle batterie al litio siamo indietro di 40 anni, l’Italia punti su sodio e potassio”

“Se non vogliamo dare un futuro all’auto elettrica in Europa dobbiamo puntare sul riciclo, non abbiamo altra scelta” spiega a Today.it Federico Bella, professore del Politecnico di Torino che coordina le attività di ricerca sulle batterie post-litio e sulle tecnologiche che alimenteranno le nuove auto elettriche di prossima generazione. Un impegno che gli è già valso numeri riconoscimenti italiani e internazionali. 

Professore Bella, qual è la criticità della transizione ecologica che stiamo affrontando?

“Il vantaggio di lavorare con motori alimentati a batterie a litio è che hanno un’efficienza energetica che è il doppio di quella della combustione, quindi il primo vantaggio è termodinamico, il secondo è ambientale, perché non vengono emesse sostanze come anidride carbonica, ossidi di azoto e altro. La criticità è che stiamo facendo questa transizione andandoci a comprare la tecnologia in estremo oriente. E il riciclo è un tema portante. Attualmente le batterie esauste le rimandiamo in Asia dove vengono riciclate per poi esserci nuovamente rivendute”.

Cosa si è fatto finora in Europa?

“La Commissione Europea sta finanziando da 10 anni lo studio delle batterie al litio e per il 2030 dovremmo avere sul Continente 20-25 gigafactory per la produzione e lo stoccaggio di energia. Ma la prima batteria di questo tipo è stata realizzata in Giappone nel 1991, quindi siamo comunque indietro di 40 anni. Il punto vero è che dovremmo puntare non tanto sulle materie prime, che non abbiamo, ma sul riciclo delle batterie che utilizziamo correntemente nelle tecnologie esistenti”.

Conviene oggi riciclare queste batterie?

“Oggi il processo è costoso, non arrivo a dire che sia anti-economico, ma è sicuramente costoso. Il punto però è strategico: se non vogliamo dipendere come Europa dall’esterno dobbiamo puntare sul riciclo, non abbiamo altra scelta. La cosa buona è che nel Vecchio Continente stiamo presentando dei brevetti molto validi sul’idro-metallurgia. Parliamo di una tecnica che unisce la chimica alle tecniche metallurgiche. Rispetto alla pirometallurgia, basata sulla fusione ad alte temperature, e praticata in estremo oriente, la resa è molto più alta e il processo più sostenibile. Certo, richiede delle risorse economiche non indifferenti, ma è un ottimo investimento per recuperare degli elementi essenziali e poi utilizzarli per la produzione di nuove batterie”.

Come ci stiamo muovendo?

“Abbiamo pensato alle gigafactory e ce ne sono 5 in costruzione, quindi non è che non abbiamo tenuto in conto il problema, ma devo dire che, dal momento in cui si avvia il progetto esecutivo, a quello in cui vengono realizzati i progetti, passano almeno quattro anni e adesso siamo esattamente in quel periodo di mezzo. Stiamo lavorando nella giusta direzione, ma realizzare delle batterie al litio non è una cosa che si può improvvisare. La transizione però è ormai inevitabile: in Germania in molte case automobilistiche non c’è più nessun giovane ingegnere che è in grado ormai di progettare un auto a combustione. Ora però bisogna spingere sui materiali e sullo stoccaggio dell’energia. Non esiste ancora la figura di un ingegnere specializzato in batterie da noi, eppure sono proprio le batterie che sosterranno la transizione all’elettrico”.

Lei sta studiando e lavorando su altri tipi di batterie alternativi al litio: mi può spiegare quali sono?

“Stiamo realizzando batterie al potassio, un elemento dello stesso gruppo della tavola periodica del litio, ma che si trova dappertutto e che ha un funzionamento simile a livello elettro-chimico. Non è utilizzabile per i telefonini, le auto e i computer per via della sua grandezza, ma potrebbe essere essenziale per stoccare l’energia che si produce ad esempio da pannelli fotovoltaici ed eolici. Questo settore è già cruciale”.

Le batterie al potassio potrebbero rivoluzionare anche le nostre case?

“Potrebbero essere fondamentali nel campo dell’edilizia sostenibile, con degli impianti di batteria che potrebbero stoccare l’energia prodotta di giorno dalle fonti rinnovabili ed erogarla durante il giorno. Non è pensabile farlo su larga scala con il litio perché sarebbe troppo costoso, ma l’utilizzo del potassio o del sodio renderebbe il processo molto più economico e sostenibile. L’obiettivo è alimentare tutti gli appartamenti di un condominio a ogni ora, è il tema è rilevante e ormai c’è anche un problema di sovraccarico delle reti…”

Quale?

“Attualmente molta parte dell’elettricità prodotta viene immessa in rete, ma c’è un grande problema. Specie nel centro-sud molti di questi impianti fotovoltaici producono incidenti perché, a fasi alterne, immettono troppa energia sulla rete. I nostri cavi elettrici sono collegati con i generatori di elettricità, ma sono fatti per portare una certa percentuale di energia. Spesso, anche a causa del cambiamento climatico, la quantità di energia prodotta e immessa in rete non è più sostenibile. Quindi vanno pensate a zone di accumulo, come le batterie, o bisogna pensare a usi alternativi, tipo grandi bacini d’acqua dove produrre idrogeno”.

Attualmente si può però fare a meno del litio?

“È fondamentale per l’auto perché è leggero e a livello termodinamico non esiste nessun materiale elettrico che ti dia più potenziale elettrico: al momento non c’è alternativa. Ma l’energia va stoccata, non solo prodotta. Le batterie al sodio e al potassio dovrebbero dare molti meno problemi di riciclo e sono abbondanti: ecco perché è importante puntare su queste tecnologie. In Cina hanno già sistemi del genere: ci sono centri commerciali alimentati da energia fotovoltaica stoccata con batterie al sodio, ad esempio. Noi siamo indietro di 15 anni su questo processo”.

La bomba sotto il cofano delle auto elettriche 

Fonte : Today