La storia ricorda molto i famosi “quattro amici al bar che volevano che volevano cambiare il mondo”, evocati da una canzone di Gino Paoli. In questo caso però il finale è diverso. Sì, perché i quattro ragazzi pugliesi che hanno fondato la startup Arabat, a loro modo il mondo lo stanno cambiando per davvero. Sono stati tra i primi in Italia a porsi il problema del riciclo delle batterie in litio e gli unici a provare a farlo utilizzando un metodo completamente green, basato sull’acido citrico e gli scarti di frutta e verdura. Oggi sperano di trasformare una buona intuizione in una vera e propria realtà industriale.
“Siamo quattro soci fondatori, eravamo tutti appassionati di economia circolare, tema che abbiamo trattato anche all’interno delle nostre carriere accademiche – spiega Raffaele Nacchiero, dottorando di ingegneria gestionale al Politecnico di Bari e tra i fondatori della startup, a Today.it – abbiamo fondato primariamente un’associazione per fini artistici e ambientali. Un giorno ci siamo detti che non ci bastava: volevamo provare a fare impresa, la sfida più bella, ma anche più complessa del mondo”.
L’idea viene sfogliando una rivista che parla di economia circolare. I quattro amici scoprono che a Singapore si stanno portando avanti degli esperimenti che uniscono il mondo delle biomasse a quello della transizione elettrica: è una sorta di illuminazione. Decidono di provarci anche loro, puntando sul riciclo delle batterie al litio e presentano un progetto all’Università di Foggia e poi a un contest regionale pugliese per giovani imprenditori chiamato “Estrazione dei talenti”. Lo vincono e, a quel punto, parte l’iter di incubazione imprenditoriale di un sogno che ora potrebbe diventare realtà. E che potrebbe rivoluzionare il mondo del riciclo di un materiale per il quale, nel nostro Paese, ancora non esiste nessun centro specializzato.
L’idrometallurgia verde: perché è una rivoluzione
La premessa è che attualmente le batterie al litio possono essere riciclate in due modalità: con processi termici (pirometallurgici) o con sistemi idro-metallurgici. Nel primo caso si usa l’energia termica per recuperare metalli e materiali, nel secondo caso delle reazioni chimiche. I vantaggi del secondo processo sono soprattutto in termini di sostenibilità: nella pirometallurgia, molto usata nei paesi asiatici, servono generalmente temperature elevatissime e più tempo. La resa è inoltre decisamente minore.
La startup fondata dai quattro ragazzi punta sull’idrometallurgia, ma con una caratteristica peculiare: quella di non utilizzare solventi chimici, ma prodotti organici. Un riciclo realmente verde, che conviene anche a livello economico.
“Una volta estratta la blackmass (la parte della batteria composta di soli metalli ndr) la inseriamo all’interno di un reattore e la accompagnamo con acido citrico e biomassa pre-trattata: parliamo di scarti o sottoprodotti della frutta o vegetali” spiega l’ingegner Nacchiero.
E il risparmio è anche in termini economici. Si risparmia su tempo e temperatura, due parametri che, assicurano dalla startup pugliese, sono molto inferiori a quelli di altre tecniche idro-metallurgiche. Nell’ultima fase della lavorazione, grazie a una serie di quelle che in gergo si chiamano “precipitazioni selettive” vengono poi estratti i metalli: nickel, cobalto e infine litio. Gli stessi che potranno poi essere rivenduti sul mercato in un’ottica di economia circolare.
Cosa manca per fare del progetto una realtà
Il progetto è valso ai quattro fondatori già importanti riconoscimenti: sono stati premiati dal presidente della Repubblica Mattarella e hanno ricevuto vari premi tra cui l’ENI Award 2022 e il Canada-Italia Innovation Award 2022, tanto per citare i due più significativi.
“In questo decennio saremo chiamati a riciclare tutti gli ‘industral scraps’, ovvero tutti gli scarti da industrie elettriche e similari, come le batterie dei nostri laptop, perché ancora non c’è ancora quel numero di auto elettriche che rendono questo business sostenibile in Europa – spiega l’ingegner Raffaele Nacchiero a Today.it – ma dal prossimo decennio il tema sarà fondamentale”.
E fare diventare una buona idea una realtà industriale, non è un passaggio immediato. Servono molti soldi e delle istituzioni in grado di sostenere l’innovazione: “Stiamo parlando con una multinazionale italiana, con un’azienda canadese e con fondi di investimento pubblici e privati per avviare questo progetto che ci vedrebbe tra i primi riciclatori in Italia di batterie al litio. L’obiettivo è quella di creare un’economia di scala, diventare una vera e propria realtà produttiva” conclude Raffaele Nacchiero. E per l’Italia sarebbe una vera e propria rivoluzione che ci vedrebbe, per una volta, all’avanguardia rispetto al resto del mondo.
La bomba sotto il cofano delle auto elettriche
Fonte : Today