Uccisa per quei rapporti difficili, rovinati dalla malattia. Ammazzata da quel figlio che lei cercava di difendere. Per cui si preoccupava pensando al futuro, a quando lei non ci sarebbe stata più. Anche se negli ultimi tempi sembra avesse iniziato ad avere paura anche lei di qualche sua reazione incontrollabile. Il movente dell’omicidio di Fiorenza Rancilio, l’ereditiera 73enne trovata morta mercoledì mattina nel suo attico al nono piano del palazzo al civico 6 di via Crocefisso a Milano, “con elevata probabilità razionale, è da individuare nei rapporti esistenti tra madre e figlio, rovinati dalla patologia sofferta dall’indagato”. A metterlo nero su bianco è il pm Ilaria Perinu nella richiesta di convalida del fermo disposto dai carabinieri proprio nei confronti del figlio 35enne della vittima, Guido Augusto Pozzolini Gobbi Rancilio, ora accusato di omicidio.
Il film della morte della donna – figlia del costruttore Gervaso e sorella di Alfredo, rapito dalla ‘ndrangheta nel 1978 e mai tornato a casa – è ricostruito con precisione nelle cinque pagine del fermo che ha fatto finire in manette il presunto assassino. Tutto inizia verso le 8.30, quando la domestica che si occupa degli appartamenti di Guido e Fiorenza – che vivono all’ottavo e al nono piano – cerca di entrare nell’attico, ma trova la porta chiusa. La donna si allontana e torna dopo un’ora, ma trova ancora bloccata la porta dell’ascensore che conduce direttamente nell’abitazione. A quel punto va al primo piano del palazzo, dove si trovano gli uffici delle aziende della famiglia Rancilio, e controlla che Fiorenza non sia lì. Ed effettivamente, nonostante ogni mattina andasse al lavoro, non c’è.
Il primo a essere avvisato è il fratello della vittima, che ha un presentimento tanto tragico, quanto premonitore. Chiede allo zio della 73enne di entrare “anche a costo di sfondare la porta”, preoccupato per i problemi psichiatrici che affliggono il nipote Guido. L’uomo e un geometra che lavora per la Rancilio riescono ad accedere, grazie a una scala, al terrazzo all’ottavo piano e dal lì, passando attraverso una portafinestra aperta e un cancello, arrivano in casa della vittima. La scena che si trovano davanti è agghiacciante.
Sul pavimento del salone, parzialmente nascosto da un piumone e da alcuni asciugamani, c’è il corpo di Fiorenza. Suo figlio gira attorno al cadavere, va in camera da letto e si stende. A chi gli chiede se lui c’entri qualcosa con quell’orrore farfuglia cose senza senso, incomprensibili. Poi al medico che certifica il decesso della donna dice “viva la libertà”. I carabinieri che arrivano sul posto pochi minuti dopo le 12 lo prendono in consegna e notano sul comodino della camera da letto due confezioni aperte di benzodiazepine. È in stato catatonico e finisce in ospedale dove si trova tuttora, in stato di fermo. L’arma del delitto è invece in una stanza accanto: è un manubrio da palestra color porpora. Reagisce al luminol: è sporco di sangue. Anche se è verosimile che il presunto assassino abbia coperto la testa della madre prima di sfondarle il cranio, come testimonia l’assenza di troppi schizzi di sangue nell’appartamento e sulla scena del crimine.
L’omicidio, stando agli accertamenti del medico legale, sarebbe avvenuto verso le 7.30. Probabilmente subito dopo che la 73enne aveva finito di prepararsi – quando è stata trovata, era vestita -, pronta probabilmente a iniziare un’altra giornata di lavoro. Un suo amico, che nel pomeriggio di mercoledì contatterà i carabinieri, racconterà poi che pochi giorni prima la stessa Fiorenza le aveva confessato di aver paura per degli episodi violenti di cui il figlio si era reso protagonista negli ultimi giorni.
Di interventi delle forze dell’ordine a casa Rancilio non ce ne sono – soltanto uno di qualche anno fa, per una crisi del 35enne -, ma le difficili condizioni di salute dell’uomo erano ben note in famiglia e agli amici più stretti. Tanto che sembra che negli ultimi anni l’ereditiera si fosse un po’ isolata con il figlio, quasi fosse una modo per difenderlo. Il primo ricovero di Guido, stando a quanto ricostruito dai carabinieri, sarebbe del lontano 2014, poi un altro del 2021 e un altro ancora – l’ultimo – da gennaio a marzo 2023.
Secondo investigatori e inquirenti, proprio in quei problemi psichiatrici, e nel conseguente difficile rapporto con la madre, sarebbe da cercare il movente dell’omicidio. Il 35enne sarà sentito sabato dal gip Guido Fanales, ma è ancora sotto sedativi e non è chiaro se riuscirà a rispondere alle domande. Nella richiesta di convalida la pm ha comunque già annunciato l’intenzione di chiedere una consulenza psichiatrica sull’uomo. L’obiettivo è capire se fosse in grado di intendere e di volere.
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Fonte : Today