Il 2023, la tecnologia e la nuova era del divertimento

È un po’ la rivincita del mondo fisico su quello virtuale, degli oggetti che si devono costruire e si possono toccare e vedere su quelli immateriali. La rivincita dell’hardware sul software, che nel 2023 ha dominato dappertutto. È The Sphere, un’enorme palla di vetro e led, piantata in mezzo a Las Vegas, alta 112 metri e larga 157.

Inaugurata il 29 settembre dagli U2, The Sphere è una location per eventi e concerti, per quanto questa definizione sia riduttiva. È quello che una volta si sarebbe descritto come un palazzetto dello sport, uno stadio, un teatro. È tutto questo insieme, portato all’ennesima potenza e in grado di cambiare per sempre il nostro rapporto con gli spettacoli, come racconta chi ha avuto la fortuna di entrarci. Ed è appunto la storia che abbiamo scelto per rappresentare quello che è stato l’intrattenimento nel 2023: grande, sopra le righe, oltre quello che chiunque avrebbe potuto immaginare.

Ma l’anno che va chiudendosi non è stato solo questo: è stato finalmente l’anno della chiusura dell’operazione Microsoft-Activision, di due videogiochi incredibili (per ragioni diverse) come Alan Wake 2 e Tears of the Kingdom, che hanno dimostrato che cosa si può fare e che cosa si dovrà fare per divertire le persone, senza scendere a compromessi e seguendo le proprie idee. Ed è ovviamente stato l’anno dell’intelligenza artificiale, come non abbiamo potuto evitare di raccontare in più o meno tutte le pagine del fascicolo speciale di Italian Tech uscito in edicola.

È stato l’anno in cui Paul McCartney ha annunciato che l’intelligenza artificiale gli ha permesso di creare “la canzone definitiva dei Beatles” e in cui le IA sono entrate prepotentemente nel mondo del cinema, con le conseguenze che abbiamo visto sulla vita di attori e sceneggiatori. Disney ha sviluppato Fran, usata per ringiovanire il volto di Harrison Ford nell’ultimo Indiana Jones e farlo tornare indietro nel tempo per mostrare 35 anni invece degli 81 che ha davvero, e startup come Marz e Flawless (che abbiamo intervistato qui) hanno messo le loro Vanity AI e TrueSync al servizio di decine e decine di produzioni grandi e piccole, di studios come Amazon, Apple, HBO, Marvel, Netflix, Paramount e Warner Bros. Per dare ancora più fantasia al mondo della fantasia.

Il meglio del 2023

The sphere

di Riccardo Luna

Ho visto il futuro degli eventi. A Las Vegas. Sono andato a uno dei concerti degli U2 a The Sphere, la Sfera. È il più grande edificio circolare al mondo, inaugurato a fine settembre dopo diversi anni di lavori e un investimento di oltre 2 miliardi di dollari (praticamente 10 volte la Nuvola di Fuksas a Roma). Ricoperto esternamente di 1,2 milioni di pannelli Led, in modo da poter diventare qualunque cosa (una palla da basket, una zucca di Halloween, ma anche la promozione di un prodotto o il lancio di un messaggio sociale). Dentro, un auditorium da quasi 18 mila posti in cui praticamente ogni spettatore ha un amplificatore direzionale dedicato: il suono è così perfetto che è come se Bono cantasse solo per te, o lo stessi ascoltando in cuffia con un audio spaziale. Non avevo mai sentito la voce di Bono così chiaramente. Il palco è piccolo, essenziale, un giradischi illuminato, citazione di un’opera di Brian Eno. Ma tutto intorno è avvolto da un unico infinito schermo led a 16k. Io non sapevo neanche che già esistessero i 16k di definizione. Un’esperienza visiva e immersiva mai vissuta prima. Con ogni canzone sembrava di entrare in una sorta di metaverso ma senza bisogno di visori. Le immagini più spettacolari alla fine: una bandiera fatta di gas che brucia in un paesaggio lunare, e poi un’invasione di animali di legno, un monito per le specie estinte per il cambiamento climatico.

Appunto. Quanto consuma, quanto inquina The Sphere? Una follia. Il doppio dello stadio di Las Vegas. L’energia necessaria a illuminare 21mila case. Dal 2027 questa energia sarà tutta solare, quindi a emissioni zero grazie alla costruzione di una centrale di energia fotovoltaica dedicata. Nel frattempo le emissioni prodotte ogni sera vengono compensate acquistando crediti di carbonio, in pratica piantando alberi. Non è il massimo ma è un segnale di attenzione verso l’ambiente importante. Il futuro degli eventi sono eventi sostenibili, a impatto zero.

Paul McCartney e i Beatles

di Bruno Ruffilli

A Londra, nei negozi storici di vinile di Soho e nelle boutique trendy che vendono dischi, il nuovo 45 giri dei Beatles è andato esaurito in poche ore. Annunciato da Sir Paul McCartney alla BBC qualche mese fa, è finalmente uscito il 2 novembre. “Quando Peter Jackson ha girato il film Get Back, incentrato sulla registrazione di Let It Be, è riuscito a tirar fuori la voce di John da una cassetta dov’era inciso il provino di una canzone”, ha spiegato McCartney. Con quella traccia vocale è stato registrato un brano nuovo, “aggiungendo gli altri strumenti al mix come si farebbe normalmente”.

Leggendario cantante, compositore, bassista (e molto altro), Sir Paul sembra cavarsela anche con l’intelligenza artificiale: “Abbiamo detto alla macchina: quella è una voce, questa è una chitarra, elimina la chitarra. Siamo riusciti a isolare la voce di John e pulirla con l’intelligenza artificiale”. È un processo già possibile da tempo in analogico, ma con l’intelligenza artificiale si fa prima, e il risultato è più preciso: così Giles Martin, figlio di George, lo storico produttore dei Beatles, aveva ricostruito lo scorso anno Revolver, il settimo album del gruppo, pubblicato originariamente nel 1966.

Allora come ora, l’IA non inventa una canzone nuova, ma mette a disposizione dell’artista, musicista o produttore, i materiali grezzi dell’opera originale, per ricomporla con una sensibilità moderna e uno spirito originale. Now and Then fu incisa da John Lennon a New York nel 1978, nel suo appartamento nel Dakota Building, affacciato su Central Park, con uno stereo portatile: più che una canzone dei Beatles, pare un inedito dell’ultimo Lennon, quello di Double Fantasy.

Però poi ci sono i cori, gli arrangiamenti degli archi, la chitarra di George Harrison recuperata da una session del 1995. E quel video che è un esempio magnifico di ingegneria della nostalgia, dove grazie ad alchimie digitali, i Fab Four vanno avanti e indietro nel tempo. “C’è un lato buono e uno cattivo dell’intelligenza artificiale – ha detto McCartney – Vedremo dove ci porterà”. Intanto ha riportato i Beatles in cima alla top ten dei dischi più venduti, dove mancavano da 54 anni.

Intelligenza artificiale e videogiochi

di Lorenzo Fantoni

Il Dlss di Nvidia, che con l’intelligenza artificiale crea fotogrammi che non ci sono per migliorare la grafica dei videogiochi o che potenzia il ray tracing; i personaggi non giocanti resi più intelligenti e credibili: il 2023 è stato l’anno in cui abbiamo visto cosa può fare l’intelligenza artificiale con i videogiochi. Anche se le IA, nel mondo del gaming, già c’erano da tempo, da ben prima di OpenAi.

Già nel 2019, l’italiana Milestone usava una IA chiamata Anna per insegnare ai piloti virtuali come percorrere i tracciati della MotoGP e creare avversari più realistici. Nel 2013, Forza Motorsport usava i drivatar, piloti virtuali modellati sul comportamento dei propri amici su Xbox Live, così da creare sfidanti dotati di personalità. Più di recente, Electronic Arts ha usato il machine learning per gli ultimi Fifa per dare ai calciatori animazioni più armoniose e transizioni più realistiche tra i movimenti.

Nei prossimi anni è lecito aspettarsi un impatto ancora più forte delle IA: Blizzard ha iniziato a lavorare su un generatore di asset grafici basato sul lavoro del suo reparto artistico, Ubisoft ha creato uno strumento chiamato Ghostwriter per produrre dialoghi realistici per gli NPC, Sony ha sviluppato una sua intelligenza artificiale per Gran Turismo. Non è difficile immaginare gli effetti positivi, in un settore spesso afflitto da carichi di lavoro eccessivi, di strumenti che si occupino dei compiti più ripetitivi, sempre sotto la supervisione umana.

Quelle che andranno gestite con accortezza sono tutte le storture che ormai ben conosciamo: la tutela del lavoro umano (i doppiatori, per esempio), l’uso non autorizzato di immagini e testi e la possibilità riempire le piattaforme di giochi o produzioni di bassa qualità basate su IA. Un’evenienza contro cui Steam, la più nota piattaforma di digital delivery per PC, sta già correndo ai ripari, eliminando tutti i giochi chiaramente prodotti utilizzando una IA.

Tears of the Kingdom

di Alessandra Contin

Quando il gruppo Nintendo, capitanato da Eiji Aonuma, ha iniziato a lavorare a Tears of The Kingdom, pensava probabilmente di realizzare un semplice contenuto aggiuntivo per il predecessore nella saga di The Legend of Zelda, ovvero Breath of the Wild.

Intuendo però le enormi potenzialità, lo sviluppo di quella che poteva essere solo una semplice espansione si è trasformato in uno dei giochi di ruolo più importanti e innovativi della storia del gaming. Tears of The Kingdom è un inno alla libertà e alla meraviglia, che trasforma i territori del magico mondo di Hyrule in un parco giochi senza limiti: con il suo nuovo braccio bionico, l’eroe Link acquisisce una straordinaria varietà di poteri che gli consentono letteralmente di interagire con l’ambiente circostante e plasmarlo, rendendo così l’azione di gioco un’esperienza unica, cucita su misura per ogni videogiocatore. Il potere creativo dell’Ultramano, le possibilità combinatorie del Compositor, l’archivio degli schemi precedentemente realizzati, richiamabili all’istante con lo Schematrix, hanno ridefinito la libertà dell’utente all’interno di un GDR e più in generale di un videogioco open world. La deflagrante aria di autonomia che si respira nel titolo ha scatenato la fantasia degli utenti di tutto il mondo, rompendo di fatto il gioco, facendo cose che i programmatori non pensavano fossero possibili. E probabilmente tutti i giochi che verranno dopo di questo.

Sam Lake

di Alessandra Contin

C’è un uomo che si chiama Sami Antero Järvi. C’è Alex Casey, un agente dell’FBI che è un personaggio di un videogame. C’è un altro Alex Casey, protagonista di una serie di romanzi polizieschi scritti da Alan Wake. Che è pure lui un personaggio inventato, protagonista dei videogiochi che portano il suo nome. I due Alex hanno la stessa faccia, che è la faccia di Sami Antero Järvi ed è la faccia di Sam Lake, il soprannome che Sami Antero Järvi si è dato per firmare il gioco di specchi con cui creare un mondo che non esiste. Sam Lake è fra gli autori  più eclettici, interessanti e influenti dell’industria dei videogiochi, noto per la saga di Max Payne, per Control e appunto per Alan Wake.

Entrato a Remedy Entertainment a metà dei Novanta, nel 2001 scrive la sceneggiatura di Max Payne e plasma sul suo volto l’iconico protagonista, mettendo il primo tassello del Remedy Connected Universe e dando vita a una suggestiva ragnatela di scrittura nella quale i rimandi ad altri titoli si sovrappongono e scompongono, incorporando stili e linguaggi diversi, con un gusto per la sperimentazione quasi scomparso dal mondo del gaming. Dando vita ad Alex Casey in Alan Wake 2, questo geniale 54enne ha compiuto un affascinante ritorno al punto di partenza: portando all’estremo gli elementi identificativi di Casey, trasformando la sua presenza in un’incombenza, Lake gioca e fa giocare su ciò che è reale oppure immaginato. Sam Lake è l’uomo dentro il videogioco ed è per questo il videogioco.

Microsoft

di Lorenzo Fantoni

Microsoft e l’acquisizione di Activision: senza dubbio l’evento più importante dell’anno nel mondo dei videogame, non solo per i possibili effetti che vedremo nei prossimi anni e la battaglia legale che ha coinvolto anche Sony, ma perché ci ha permesso di sbirciare dietro le quinte del settore, leggere le mail, vedere gli errori di valutazione, le offerte, le trattative. Un’occasione unica per conoscere i meccanismi che regolano il mercato ma anche capire come i grandi dirigenti siano spesso persone fallibili, aggressive o si comportino come semplici fan una volta spenti i riflettori e senza il riparo degli uffici stampa. Adesso resta da capire cosa cambierà e se cambierà qualcosa, ma soprattutto quali saranno le mosse di assestamento di Sony e chi potrebbe approfittare di questo cambiamento per salire alla ribalta. Per Microsoft si tratta di una mossa strategicamente molto importante, ma che richiederà mesi di assestamento e una guida salda per tenere in piedi tutti i progetti in essere e magari anche lanciarne di nuovi. Per Activision è la fine di una parabola iniziata nel 1979 da un gruppo di programmatori stanchi di essere trattati male da Atari che decisero di mettersi in proprio, diventando il primo sviluppatore indipendente. E che oggi, dopo alterne vicende, tornano in mano a una grande azienda statunitense.

Computer grafica e IA generativa nel cinema

di Annalisa Barla*

Il CEO di Nvidia, Jensen Huang, ha definito l’avvento dell’IA generativa come “il momento iPhone dell’IA”. Nell’industria cinematografica la computer grafica ha dato verosimiglianza a Hulk e agli Avengers, ha reso così vero Pandora, il pianeta di Avatar, che gli spettatori ne lamentavano nostalgia dopo la fine del film. Ha perfino riportato in vita Brandon Lee nel Corvo e Carrie Fisher in Star Wars. Ci ha consentito di credere all’incredibile.

La computer grafica è ora legata a doppio filo all’IA generativa, i cui modelli possono generare contenuti grazie alle immense quantità di dati su cui sono stati addestrati. Risultato: una trasformazione radicale di un’arte considerata esclusiva, costosa e prevalentemente orientata alla produzione di colossal multimilionari. Grazie all’IA, assistiamo oggi a una democratizzazione della cinematografia: la qualità si alza, i costi si abbassano; avatar digitali sostituiscono attori in movimento grazie a metodi markerless, registrando il moto in modo non invasivo senza usare marcatori fisici; modelli data-driven per il re-aging ringiovaniscono i volti degli attori, come successo a Harrison Ford nell’ultimo Indiana Jones; videocamere innovative agiscono da cameraman virtuali; i recommender system promuovono la fruizione su piattaforme di streaming. Ma questa rivoluzione non è indolore. Lo sciopero di sceneggiatori e attori ha evidenziato la paura di diventare irrilevanti. Una paura fondata? Oggi l’IA può facilmente dare forma al castello di Hogwarts, ma non può eguagliare la fantasia della creatrice del maghetto più famoso del mondo. Domani potrà?

* docente di Artificial intelligence, UniGe

Fonte : Repubblica