Proteggere i consumatori è la parola d’ordine: Bruxelles intende limitare le fluttuazioni incontrollate delle bollette dell’elettricità, costi quello che costi. E dei costi ci saranno, che andranno in buona parte sostenuti dagli Stati membri. I quali dovranno da un lato calmierare i prezzi per i soggetti più vulnerabili, dall’altro fare in modo che i produttori possano continuare a fornire elettricità. Il tutto senza andare in bancarotta e incentivando la produzione di energia da fonti rinnovabili.
C’è l’accordo provvisorio tra i negoziatori di Parlamento e Consiglio sulla riforma del mercato elettrico europeo, in cantiere da mesi. L’obiettivo è quello di riparare i consumatori, soprattutto i più fragili, dalle impennate improvvise ed eccessive delle bollette, che dipendono come si sa dalla volatilità dei prezzi dei combustibili fossili. Nel frattempo, però, è essenziale che chi fornisce l’energia possa continuare a farlo, che non finisca cioè “fuori mercato”. Per centrare entrambi questi risultati, servono risorse non indifferenti: ecco il piano dell’Ue per garantirsi una produzione elettrica stabile e sostenibile.
Tutele per i vulnerabili
Stando al testo dell’accordo, il Consiglio avrà il potere di dichiarare una “crisi”, su proposta della Commissione, quando i prezzi medi dell’elettricità (all’ingrosso o al dettaglio) dovessero aumentare fortemente in un periodo di tempo limitato. Per far fronte a simili crisi, dunque, gli Stati membri potranno intervenire per contenere le bollette dei soggetti più vulnerabili e svantaggiati tramite tariffe agevolate.
Insomma, dice Bruxelles, il mercato tutelato di per sé non è un problema, anzi viene incoraggiato: nel testo dell’accordo sono incluse delle misure che mirano proprio a contenere il problema crescente della povertà energetica, cioè l’incapacità di individui e famiglie di rifornirsi dell’energia di cui hanno bisogno a causa dei prezzi troppo elevati – una piaga che affligge principalmente le fasce della società più svantaggiate, che dispongono di mezzi economici più limitati. Anzi, le nuove norme prevedono l’aggiunta di una definizione comune del concetto (e della realtà) di povertà energetica, per far sì che i soggetti vulnerabili ricevano le tutele adeguate a cui hanno diritto.
Il problema che la Commissione ha con il mercato tutelato “all’italiana”, semmai, e che è al centro delle recenti polemiche intorno al Pnrr di Roma, è che questo distorceva le regole Ue sulla concorrenza in quanto non copriva solo soggetti vulnerabili (per i quali il regime di maggior tutela continuerà ad applicarsi) ma anche un buon numero di altri utenti (che dovranno invece entrare nel cosiddetto mercato libero).
Schemi di compensazione
Un’altra novità riguarda l’introduzione, dopo un periodo transitorio di tre anni, dei cosiddetti contratti per differenza (CfD nell’acronimo inglese) per i nuovi impianti di energia elettrica, purché a produzione solare, eolica, idroelettrica, geotermica e nucleare. In sostanza, lo schema prevede da un lato delle compensazioni statali per i produttori quando i prezzi energetici crollano improvvisamente, e dall’altro l’incasso di una parte degli “extra profitti” generati quando i prezzi si impennano.
Con questi incassi, gli Stati membri dovrebbero essere in grado di finanziare gli investimenti per abbattere i costi della produzione energetica nonché i regimi di sostegno ai prezzi come quelli descritti sopra, ridistribuendo in questo modo i ricavi ai consumatori finali.
C’è poi l’intenzione di rendere più strutturale il cosiddetto “meccanismo di capacità”, già adottato da alcuni Paesi membri, in base al quale i produttori energetici possono essere compensati dallo Stato se producono una quantità di energia maggiore di quella che riescono a vendere. In questo modo, i produttori possono tenere aperti gli impianti anche laddove sarebbero indotti a chiuderli a causa del loro costo non sostenibile, e con l’energia invenduta vanno di fatto a costituire una sorta di riserva di emergenza che può essere poi utilizzata in momenti di crisi.
Accordi privati per la fornitura di energia
Infine, verrà mantenuto il quadro normativo di riferimento per i contratti di acquisto di energia elettrica, o Ppa (acronimo dell’inglese “power purchase agreement”), cioè degli accordi che le aziende possono stringere autonomamente con i produttori per garantirsi una fornitura di energia rinnovabile a prezzi fissi per un determinato periodo di tempo (10-15 anni).
Questa pratica, ancora poco diffusa nel nostro Paese, prevede che un’azienda acquisti energia pulita (soprattutto solare, ma anche eolica o idroelettrica) da un fornitore privato, anziché dallo Stato: il vantaggio per l’acquirente è che non deve pagare l’installazione dell’impianto energetico (a carico del fornitore), per il quale offre semplicemente uno spazio di sua proprietà.
Secondo i co-legislatori, tale sistema presenta almeno un duplice vantaggio, poiché non solo è conveniente per aziende e fornitori ma dovrebbe anche aiutare ad espandere la produzione sostenibile di elettricità in Europa attraverso il volano dei contratti privati.
Le proteste degli ambientalisti
Ma le nuove norme non piacciono agli ambientalisti, che puntano il dito contro alcuni Stati membri accusandoli di ostacolare gli sforzi dell’Ue di sganciarsi definitivamente dalle fonti fossili. In un comunicato diffuso in giornata, ad esempio, gli attivisti del Climate action network criticano soprattutto Varsavia e Parigi, che si sono spalleggiate a vicenda per ottenere, l’una, una proroga della deroga per le proprie centrali a carbone fino al 2028 e, l’altra, il riconoscimento degli aiuti di Stato alla sua industria nucleare.
Ma il compromesso tra le cancellerie dei Ventisette, negoziato ad ottobre dalla presidenza di turno spagnola, è stato possibile in larga parte grazie alla mediazione tedesca, con Berlino che si è detta soddisfatta delle garanzie offerte dai francesi circa il ricorso al meccanismo CfD per evitare che i sussidi al colosso dell’atomo Electiricité de France S.A. creasse uno scompenso nel mercato interno dell’Ue.
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Fonte : Today