Sono serviti 3 anni e non un paio di settimane (che è il significato della parola inglese fortnight, quella da cui è nato il nome di Fortnite), ma alla fine Epic Games ha battuto Google in tribunale.
Nella notte italiana, una giuria (qui c’è il testo completo del pronunciamento) ha stabilito che il colosso dei motori di ricerca eserciterebbe un monopolio illegale attraverso il Play Store su Android: “Vittoria su Google! Dopo 4 settimane di dettagliate testimonianze in tribunale, la giuria della California si è pronunciata contro il monopolio di Google Play su tutti i fronti”, ha annunciato Tim Sweeney, CEO di Epic, su Twitter.
Su cosa si basa la causa di Epic contro Google
La storia è simile alle tante battaglie legali che nell’ultimo paio d’anni hanno visto contrapposte aziende più o meno grandi ad Apple e Google, accusate di imporre una sorta di tassa agli sviluppatori di app per essere presenti nei rispettivi store digitali: semplificando, è il motivo per cui le spunte blu di Meta e di Twitter costano meno da browser che se attivate dall’app. Perché da browser i soldi vanno direttamente allo sviluppatore, senza che Apple e Google ne trattengano una parte.
Nel 2020, Epic aveva citato in giudizio proprio Google ed Apple, appunto accusando le due aziende di abusare del controllo dei rispettivi store integrati dentro ad Android e iOS. In questo caso, come detto, la giuria ha stabilito che Big G avrebbe in effetti intrapreso varie strategie illegali per mantenere il monopolio dell’app store sui telefoni Android. È bene sottolineare che non si sa ancora che cosa questo comporterà, perché un giudice dovrà stabilire nello specifico quale tipo di risarcimento spetterà eventualmente ad Epic, mentre Google ha già annunciato l’intenzione di presentare ricorso: “Continueremo a difendere il modello di business di Android e resteremo profondamente impegnati nei confronti dei nostri utenti, dei partner e dell’ecosistema Android in generale”, ha spiegato Wilson White, vicepresidente di Google con la delega gli Affari governativi e alle Public Policy.
Perché il caso Apple fu (leggermente) diverso
Soprattutto, resta da capire se la sentenza avrà effetti sulla natura del Play Store e su come è strutturato, esattamente come quella relativa al caso Epic vs Apple ha avuto effetti sull’App Store della Mela. E li ha avuti nonostante che (almeno sulla carta) Epic abbia quasi perso quella battaglia legale, come raccontammo nell’autunno del 2021.
E però, proprio da quella controversia hanno preso le mosse le iniziative del governo americano contro gli store digitali a rischio monopolio e in qualche modo anche la forzata apertura di Apple al cosiddetto sideloading, cioè alla possibilità per gli utenti di installare sui loro iPhone e iPad app che arrivino non solo dallo store ufficiale.
La causa contro Google è andata diversamente, e si è (per ora) conclusa con un verdetto ancora più clamoroso perché durante il processo è emerso che l’azienda di Mountain View avrebbe lavorato in modo non proprio trasparente, anche stabilendo accordi segreti con i produttori di smartphone, per assicurarsi che il Play Store fosse l’unico canale per effettuare pagamenti ad app di terze parti, come appunto Fortnite e altri giochi. Il punto è importante, perché è noto che una fetta enorme delle entrate degli store digitali arriva dal gaming, ed Epic ha cercato a lungo di trovare un modo perché i pagamenti per i suoi giochi si svolgessero fuori dal controllo di Apple e Google. E lontano dalle loro commissioni.
Nella loro linea di difesa, le due aziende hanno sempre sostenuto che queste commissioni sarebbero “standard del settore” (settore in cui però operano praticamente senza concorrenza), che servono per coprire vantaggi come l’ampiezza di pubblico raggiunto, la sicurezza nelle transazioni e l’individuazione del malware. Almeno per il momento, però, tutto questo non è sembrato sufficiente a convincere i giudici.
Fonte : Repubblica