Sprechi e debiti: così la casta dei politici non paga mai i danni

A casa nostra, se sbagliamo a programmare una spesa, non ci salva nessuno: arrivano le ingiunzioni, le multe, gli interessi per ritardato pagamento. Ma c’è una casta che continua a vivere al di sopra di tutto questo e sta trascinando l’Italia in un mare di debiti: i politici, dal Parlamento giù fino ai consigli regionali, non rispondono mai per gli eventuali danni provocati dalle loro scelte. Tanto, se va male, non saranno rieletti. Alla peggio, comunque, non ci rimetteranno di tasca propria: i soldi che impegnano non sono mai i loro.

Il tema è molto delicato, perché è strettamente legato al funzionamento della nostra democrazia. Ma ogni volta che viene promessa una spesa colossale, come il ponte sullo Stretto (finora 11 miliardi di preventivo), o un grande evento come le incredibili Olimpiadi invernali a Milano (120 metri sul livello del mare, quasi 3 miliardi, per ora), dovremmo porci la stessa domanda che ci faremmo a casa nostra: abbiamo abbastanza soldi oggi per permetterci questo? E se non ne abbiamo: chi paga?

Chi pagherà il prezzo della politica oggi non ha voce

Se la risposta è fare debito pubblico da restituire a rate, significa che stiamo scaricando la spesa sugli italiani che sono ancora bambini e, per questo, non hanno nessun potere di scelta. Equivale a obbligare i cittadini del futuro a passare una vita a ripagare con le proprie tasse gli interessi sugli sprechi di oggi. Vuol dire rendere i mutui sulla casa più cari e le nostre imprese meno competitive poiché, con queste premesse, il denaro per finanziare ricerca e sviluppo in Italia costerà sempre di più. I numeri, anche se sono faticosi da ricordare, li dovremmo conoscere tutti. Perché si tratta dei nostri soldi. E del nostro avvenire.

La locomotiva a batterie – di C. Treccarichi

Il debito pubblico italiano è cresciuto dal 134,8 per cento sul prodotto interno lordo del 2019 al 142,9 per cento stimato da Confindustria nel 2023. La Francia nel frattempo è passata da 98,1 al 112,4 per cento e la Germania da 59,8 a 65,9. Il governo di Giorgia Meloni, per il momento, non ha invertito la rotta. Tanto che per il 2024 sempre Confindustria prevede una crescita in percentuale fino al 143,4 per cento del Pil. Mentre, secondo il patto di stabilità tra gli Stati dell’area euro, avremmo dovuto ridurre al 60 per cento già prima della pandemia questo squilibrio nel rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo.

L'ospedale di Tivoli (Roma) dopo l'incendio

Un’altra percentuale che pesa su tutti noi riguarda il deficit o disavanzo pubblico, cioè la differenza tra le uscite e le entrate nelle casse dello Stato: nel secondo trimestre 2023, l’Italia ha raggiunto il 5,4 per cento del Pil. Stando al patto di stabilità europeo, tuttora in discussione a Bruxelles dopo la sospensione per la pandemia, non dovremmo superare il 3 per cento.

La commedia del Superbonus costa 100 miliardi

In altre parole, tolto il tappo dei vincoli europei durante i mesi dell’emergenza covid – a parte una prima iniezione di denaro necessaria a far ripartire l’economia – una buona parte dei nostri politici di ogni colore ha continuato, letteralmente, a non badare a spese. Lo abbiamo visto con la commedia nazionale delle proroghe del Superbonus, che ora pesa per un centinaio di miliardi. E anche a Roma, con la facilità con cui sono stati buttati 30 milioni per (non) ottenere l’esposizione internazionale Expo 2030: l’equivalente di una scommessa alla roulette, fatta con i soldi dei cittadini. Nel frattempo, l’incendio dell’ospedale di Tivoli (foto sopra) e i tre pazienti morti dimostrano quanto siano ancora primitivi i sistemi di sicurezza a pochi chilometri dalla capitale.

Dorme per terra nella via del lusso – di E. Cornegliani, G. Mannu

Ma non è solo responsabilità della politica. Il recupero dell’evasione fiscale e contributiva degli italiani che non pagano le tasse, infatti, potrebbe quasi azzerare il deficit di un anno. Lo dice la “Relazione sull’economia non osservata” (che bell’eufemismo), pubblicata dal ministero dell’Economia per il 2023: si tratta di “96,3 miliardi di euro, di cui 84,4 miliardi di mancate entrate tributarie e 11,9 miliardi di mancate entrate contributive”. Una somma che equivale a circa il 4,8 per cento del prodotto interno lordo italiano. Ma un efficace recupero, appunto, non sembra tra le priorità del governo.

Beppe Grillo

Beppe Grillo e l’evasione fiscale degli italiani

Alla fine, il 14 per cento degli italiani paga infatti il 66 per cento di tutte le tasse versate allo Stato. E il 47 per cento dei cittadini non dichiara redditi, come dimostra l’ultimo rapporto del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Ma di questo, nei discorsi della premier, del suo vice Matteo Salvini – il più acceso sostenitore della spesa per il ponte sullo Stretto – e del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non si trova traccia.

I parlamentari, anche nelle loro scelte spendaccione, sono comunque protetti dall’articolo 68 della Costituzione: “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”. Ma sempre la Costituzione, all’articolo 81, sancisce “l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito nel complesso delle pubbliche amministrazioni”.

Perché Meloni e Schlein litigano sul Mes – di Antonio Piccirilli

La credibilità economica di un Paese si basa anche sulla competenza dei suoi rappresentanti e sull’impegno di tutti a onorare i debiti. “Dovevamo scegliere qualcuno della società civile. Lui non era iscritto al movimento. Io l’ho conosciuto un giorno. È un bell’uomo, mi piace, in base alla media che vedete in televisione. Laureato, un curriculum della madonna, parlava inglese. Poi parlava e si capiva poco”, dice in tv il fondatore del Movimento 5Stelle, Beppe Grillo (foto sopra), di Giuseppe Conte, due volte premier. Se sono questi i criteri di selezione di un presidente del Consiglio, perché gli altri governi europei ci dovrebbero salvare?

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Fonte : Today