Gender reveal party, moderna cafonata o simpatica moda?

Stabilire se il gender reveal party sia una cafonata senza attenuanti oppure una moda tutto sommato simpatica è rimesso all’ampia gamma di gusti e sensibilità di questa variegata umanità. La certezza è che ormai organizzare una festa più o meno imponente per svelare il sesso del nascituro è una pratica sempre più diffusa, apprezzata da futuri genitori come un’occasione per riunire parenti e amici felici di omaggiare una pancia che cresce, ma pure come uno spettacolo che sia buono, buonissimo per i social. E lì, sui social, poi è chiaro che si trovano sia quelli che prendono appunti per replicare, sia altri che, invece, assistono sconcertati e pensano “ma-cosa-diamine-sto-vedendo?!?!”. Allora ecco che perplessità e meraviglia, imbarazzo e stupore convivono davanti a siparietti urlanti che rendono tinelli di semplici case o ville faraoniche cornici dello stesso show dove il genere maschio/femmina è pretesto comune per far festa. Ecco che comprendere quanto tutto ciò sia davvero opportuno diventa parte di una riflessione che si chiede se non sarebbe molto più onesto e meno caciarone brindare in compagnia senza per forza mettere in mezzo qualcuno che non è ancora neppure venuto al mondo. 

Come funziona e chi ha inventato il gender reveal party

Per quanti siano ancora poco avvezzi alla pratica di cui si discute, la premessa è che al gender reveal party, ignari del sesso del bebè sono innanzitutto i genitori. Al momento dell’ecografia, infatti, la coppia chiede al medico di scrivere maschio o femmina su un biglietto e di chiuderlo in una busta. Il prezioso cartoncino viene così consegnato agli organizzatori della festa che si preoccupano di preparare la sorpresa per i futuri mamma e papà e i loro invitati secondo la tradizione cromatica che vuole il rosa per la femmina e l’azzurro per il maschio. Tutto dovrà quindi essere sapientemente occultato fino al momento dello svelamento che potrà avvenire solo col taglio della torta – esternamente di un colore qualsiasi, ma azzurra o rosa nel ripieno – o con una “mistery box” che a un certo punto libererà in volo palloncini rosa o azzurri oppure, ancora, con qualunque altra trovata rimessa all’estro di bravi promotori. 

La prima a inventarsi tutto ciò è stata Jenna Karvunidis, una blogger californiana che nel 2008, dopo una serie di aborti spontanei, decise di condividere con le persone più care la felicità per l’avanzamento della gravidanza tanto desiderata. Sul suo blog la futura mamma pubblicò un post che raccontava di aver rivelato di aspettare una femminuccia mediante una torta col ripieno rosa e da quel momento, pian piano, ha iniziato a diffondersi ovunque l’idea di fare altrettanto e sempre con qualcosa di diverso, di più originale, di più stupefacente.

(Di seguito, un video con alcuni esempi di gender reveal party)

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Il gender reveal party è davvero una buona idea? Cosa c’è da considerare 

Su Instagram e TikTok l’hastag #genderrevealparty accompagna ormai centinaia di post, segno più che evidente che per moltissimi futuri genitori sapere se stringeranno tra le braccia un maschietto o una femminuccia non sia un fatto prima di tutto privato, ma un annuncio da consegnare subito urbi et orbi insieme alla reazione spontanea e immediata dei protagonisti (papà e mamma, ovviamente). Visti i numeri, dunque, comunicare grandiosamente il genere di una creatura non ancora nata pare ormai un’urgenza pressoché generalizzata, da soddisfare con eccentriche modalità rosa-celesti anche per molte famiglie comuni, non solo per i cosiddetti vip. Certo, sarà improbabile trovare ancora coppie che, come Chiara Nasti e Mattia Zaccagni, siano in grado di affittare pure loro lo stadio Olimpico come esagerata location. E difficile sarà pure trovare altra gente capace di permettersi un aereo che in volo spari fumo colorato com’è stato per Gianluca Vacchi e la compagna Sharon Fonseca, ma tutto può essere in questi tempi bizzarri. 

Guardando i video in circolazione, tuttavia, l’impressione è che per tutti l’obiettivo sia quello di sorprendere gli spettatori, veri o virtuali che siano, lasciarli senza parole, in una gara manco tanto taciuta tra chi travalica meglio i confini tra festa e baccano, tra grottesco e riserbo. E non tanto per la rivelazione in sé (che poi, in effetti, per quello c’è poco da stupirsi, biologicamente la percentuale quella è, 50 maschio e 50 femmina), quanto per il modo di rivelarlo che più sarà stravagante, più compiacerà le future mamme e i futuri papà nel ritrovarsi destinatari degli applausi dei presenti. 

Ora, trovare gradevole questo tipo di celebrazione non è certo un misfatto, per carità. Ma almeno un paio sono i dettagli a cui pensare prima di procedere eventualmente con una simile baldoria. Il primo riguarda la lista degli invitati che, lungi dal comprendere chiunque sulla base di amicizia e parentela, dovrebbe essere stilata con molta, molta sensibilità ed escludere le persone e le coppie che vorrebbero avere un figlio, ma per svariati motivi non riescono. Inserire chiunque a un evento come questo potrebbe ferire e urtare sentimenti e non c’è affetto tanto grande che possa giustificare la pretesa di presenziare a un evento potenzialmente causa di profondo disagio. 

In secondo luogo, bisognerebbe subito mettere in chiaro la faccenda “regali”: se il gender reveal party è già un’occasione per omaggiare mamma e figlio/a con un dono, si dovrebbero escludere altri futuri pensieri in vista della nascita e dell’eventuale battesimo, con buona pace del genitore che potrà pensare di stabilire subito una lista di necessità (da comunicare sempre con discrezione) e dell’invitato che, dal canto suo, sarà messo nella condizione di decidere se spendere il proprio budget tutto e subito oppure poco a poco dilazionandolo nel tempo. Infine, una dimessa riflessione meriterebbe il concetto di riservatezza del nascituro e l’effettiva opportunità di renderlo, già prima del suo primo vagito, (s)oggetto di tanta chiassosa attenzione.

A più di dieci anni da quel post, in un’intervista al Guardian del 2019 l’ideatrice del party Karvunidis in ammise di essersi pentita di aver portato “qualcosa di così brutto nel mondo”. Un rammarico dovuto sia a una serie di incidenti anche pericolosi accaduti proprio durante queste feste per l’uso improprio di effetti pirotecnici, sia al pensiero che in questi anni dare così tanta importanza al sesso di nascita si è rivelata una pratica datata e anacronistica. “Ho iniziato a rendermi conto che le persone non binarie e le persone trans si sentivano colpite da questa pratica e ho iniziato a sentirmi in colpa (…) Il genere non è la cosa più importante da cui iniziare”, il pensiero della blogger, madre di una figlia che crescendo aveva manifestato un’identità di genere non conforme a quella tradizionalmente considerata femminile.

“Qualcosa di così brutto nel mondo”: e se lo ha detto lei… 

Fonte : Today