Appena si scarica Olvid, l’app di messaggistica istantanea scelta dal governo francese per i suoi ministri (qui la notizia), si ha la possibilità di creare un account, scegliendo un nome e cognome. Nome e cognome e basta, puoi si può cominciare a chattare.
Per usare Olvid, da uno smartphone Android oppure iOS, non servono necessariamente un numero di telefono o una mail e nemmeno una SIM, perché lo scambio di messaggi avviene attraverso Internet: questa libertà, che si traduce anche in discrezione per l’utente, è fra i punti di forza evidenziati online dagli sviluppatori. Ma è anche potenzialmente una debolezza.
Come si fa a usare Olvid per la chat
Per questo breve test, abbiamo scelto il nostro vero nome e cognome e le nostre vere informazioni (tipo di lavoro, azienda per cui si lavora) ma nulla ci avrebbe impedito di scegliere il nome di un altro, di un collega, di una collega, anche di una persona nota, e di provare a farci passare per loro. È vero: si può fare anche con il nome utente su WhatsApp, ma almeno sull’app di Meta c’è il collegamento con un numero di telefono che permette di risalire all’identità della persona. Se davvero il bacino di utenza di Olvid si amplierà, com’è probabile vista la spinta data dal governo francese a questa startup fondata nel 2019 da Thomas Baignères, Matthieu Finiasz, Jacques-André Bondy e Cédric Sylvestre, quello dei cosiddetti impersonator sarà un problema da affrontare. Esattamente come lo è (stato?) per Twitter dopo la liberalizzazione delle spunte blu.
Detto questo, come si fa a chattare su Olvid se l’app non si basa su un numero di telefono e non si collega alla rubrica dello smartphone (che però viene identificato immediatamente al primo accesso)? Al centro della schermata principale c’è l’icona di un grande Più su fondo blu da cui si accede al proprio QR Code personale, che va mandato alla persona con cui si vuole iniziare la conversazione. Va mandato via WhatsApp, presumibilmente.
Chi lo riceve, lo riceve sotto forma di link: cliccandolo, si viene invitati a scaricare la versione di Olvid corretta per il proprio dispositivo e poi ad accettare o meno l’invito del mittente. Se si accetta, si può iniziare a chattare, che è una cosa che funziona più o meno come su ogni altra app del genere: si possono aggiungere allegati, che siano foto o video presenti nella memoria del telefono oppure catturati direttamente dall’app, mandare emoticon, messaggi effimeri (cioè con una durata e una visibilità limitata nel tempo), vocali (in modo più agevole che su WhatsApp) e così via. La persona dall’altra parte non vede l’ormai nota indicazione sta scrivendo…, non ci sono spunte che confermano invio, ricezione e lettura e non si possono fare screenshot di nulla, in nessuna parte dell’app. Cioè: si possono fare, ma vengono fuori come schermate completamente nere.
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Olvid è davvero così sicura?
L’esperienza con Olvid è più o meno tutta qui, a meno che non si scelga di pagare: la versione gratuita permette di mandare e ricevere messaggi con allegati, creare gruppi e anche di ricevere chiamate ma non di effettuarle. Per poterlo fare, e anche per poter usare l’app su più dispositivi, è necessario abbonarsi al piano da 4,99 euro al mese. Che è una cosa che non abbiamo fatto, anche perché non sapevamo onestamente con chi provarle, queste chiamate crittografate.
Non è solo un problema di scarse interazioni sociali, ma è soprattutto un problema di sicurezza: come noto, la solidità di un’app di messaggistica si dimostra anche nell’uso quotidiano e nel numero di utenti che la utilizzano e possono aiutare gli sviluppatori a scoprire eventuali falle. E Olvid, come scritto una decina di giorni fa pure su Le Monde, è ancora troppo poco diffusa per essere ritenuta sufficientemente sicura dagli esperti di cybersecurity. O almeno sicura come Signal, WhatsApp e Telegram.
Che è poi quello che ha fatto ovviamente notare Meredith Whittaker, presidente di Signal, su Twitter: “Mi preoccupa che la premier francese parli di problemi di sicurezza in Signal per giustificare l’adozione di Olvid – ha scritto – Non c’è alcuna prova che sostenga questa tesi, che è pericolosamente fuorviante soprattutto perché arriva da un governo”.
Fonte : Repubblica