L’1 settembre 1859 la Terra fu investita da una fra le più potenti tempeste solari che la storia umana abbia registrato. È noto come Evento di Carrington, e non è detto che sia stata la più violenta o potente in assoluto. Come per i terremoti, la conta si fa soprattutto sugli effetti. E quello tsunami di plasma partito dal Sole alla velocità di milioni di chilometri all’ora raggiunse con la sua potenza un pianeta su cui la civiltà che lo abitava aveva appena sviluppato le prime tecnologie vulnerabili a quell’immenso flusso di energia. Nei resoconti e articoli sui giornali dell’epoca, gli addetti ai telegrafi riferirono di aver preso la scossa durante il lavoro: “Per la prima volta qualcuno fu toccato dalle conseguenze dello space weather”, ci ha fatto notare sottolinea Marco Stangalini, space weather scientist dell’Agenzia spaziale Italiana.
Rispetto a 164 anni fa, un evento di questo tipo sarebbe disastroso, perché ora facciamo molto più affidamento su tecnologie sensibili (comunicazioni, GPS, Internet), buona parte delle cui reti sono dispiegate in orbita. E ora il Sole si avvicina al massimo della sua attività, prevista tra il 2024 e il 2025. Come spiegato da Stangalini, parlare di previsioni è ancora azzardato. Che è probabilmente quello che dirà al New Space Economy Expoforum, appuntamento annuale giunto alla quinta edizione, organizzato nel padiglione 4 di Fiera Roma. Tre giorni, dal 5 al 7 dicembre, dedicati ai temi dell’economia spaziale con il patrocinio di Agenzia spaziale Italiana e di CNR, Enea, Ingv, Ordine degli Ingegneri della provincia di Roma e con la collaborazione di Regione Lazio e camera di Commercio di Roma.
Meteo e clima spaziali
Siamo abituati a parlare di resilienza, prevenzione e adattamento al clima terrestre, ma anche il clima e il meteo spaziali possono riservare non poche grane. Per questo da anni, ormai, così come si calcolano le previsioni meteo, anche il comportamento della nostra stella è sotto esame, per riuscire, in futuro, a prevederne le intemperanze. Il primo indicatore sono le macchie solari, zone più fredde e più scure dove affiora il campo magnetico: “La dinamica del campo magnetico del Sole segue un ciclo di 11 anni che dipende dalla dinamo interna della stella – ci ha ricordato Stangalini – Qualcosa di fisicamente complesso che non abbiamo ancora capito interamente. Siamo immersi nell’atmosfera solare, Sole e Terra sono connessi dal vento solare”.
Un sistema unico, con linee di campo magnetico interplanetario disegnato dallo stesso vento solare. È lungo queste che viaggiano, come su binari, le tempeste originate dalle eruzioni di massa coronale, gli eventi più energetici: “È un fenomeno che accumula energia all’interno dell’atmosfera del Sole – ha aggiunto ancora Stangalini – Possiamo immaginare i campi magnetici come elastici che si aggrovigliano fino ad arrivare un carico di rottura. Quando l’energia è troppo elevata si spezzano e si riconfigurano rapidamente, sparando bolle di plasma come pallottole nello Spazio e, se le condizioni fisiche lo permettono, arrivano anche sulla Terra”. Il flusso di particelle costante del vento solare dà origine alle normali aurore polari, qui si parla però di un’onda velocissima che trasporta un carico di grande energia e può portare le aurore a latitudini molto basse, addirittura sino ai Caraibi.
La civiltà potente ma fragile
Quell’onda di energia si muove a velocità spaventose, fino a migliaia di chilometri al secondo. Incontra per primo ciò che si trova nello Spazio. I satelliti in orbita, innanzi tutto, e assieme a quelli gli astronauti e i taikonauti dei due laboratori orbitanti (la Stazione spaziale Internazionale e la Tiangong cinese). In futuro, anche le missioni degli astronauti sulla superficie della Luna dovranno tenere conto di questi rischi: “Si sta lavorando molto sulle tecnologie di protezione dalle radiazioni per missioni lunari umane, con tutte e moduli per schermarli, perché l’obiettivo sarà una presenza stabile sulla Luna – ha sottolineato l’astrofisico – Per i satelliti si studiano soluzioni tecniche in base all’ambiente in cui dovranno operare, fino a precauzioni come lo spegnimento per sicurezza”.
Nel febbraio del 2022, una tempesta geomagnetica fece gonfiare l’atmosfera terrestre e impedì l’innalzamento dell’orbita decine di satelliti Starlink appena lanciati. Su 49, 38 andarono perduti, decine di milioni di dollari polverizzati. È solo un esempio della fragilità delle nostre tecnologie che possono essere aggredite da eventi che ancora si fatica a prevedere e provocare danni per miliardi. La tempesta di Carrington, come altre che seguirono, a fine ‘800 e a inizio ‘900 (un recentissimo studio pubblicato su The Astrophysical journal, firmato anche dalla ricercatrice Inaf Ilaria Ermolli, prende in esame quella del 1872), tra le più potenti che si ricordino, trovarono sulla Terra una civiltà ancora poco vulnerabile proprio perché non ancora dipendente da servizi satellitari o energia elettrica. Ora le cose stanno in modo molto diverso.
Quando arriva sulla Terra, lo tsunami inonda e perturba il campo magnetico terrestre che può sovraccaricare le centrali ma anche generare blackout radio che possono interferire persino con le comunicazioni cellulari: “Produce correnti a terra e l’effetto sulle reti elettriche può essere significativo – ci ha detto ancora Stangalini – In Canada, nell’89, ci fu un vasto blackout. Pensiamo alle conseguenze sulle attività degli ospedali, alle telecomunicazioni, in cui sistemi orbitali e terrestri si parlano, alle linee di trasmissione dati, ai segnali GPS. A tutte le attività che ne fanno uso, come il traffico aereo, navale e terrestre. Non è il fenomeno in sé, ma tutto ciò che è connesso e dipende dai sistemi che vengono danneggiati”.
L’evento di Carrington oggi sarebbe una catastrofe. Per questo gli scienziati stanno raffinando i modelli. Una tempesta geomagnetica non può essere predetta, ma il Sole è monitorato 24 ore su 24, 7 giorni su 7. La si vede arrivare, e ci si può preparare di solito con qualche ora in anticipo, fino a un paio di giorni. Il meteo spaziale, cioè le previsioni su come si comporterà il Sole, sono ben altra cosa: “Come l’atmosfera terrestre, quella del Sole è un sistema caotico, e i sistemi complessi (Giorgio Parisi ha vinto un Nobel su questo, ndr) devono essere studiati dalla scala globale fino al chilometro – ha aggiunto l’esperto dell’Asi – Per questo abbiamo inviato sonde come l’europea Solar Orbiter e Parker della Nasa, e altre sono in costruzione”. Il lavoro delle sonde si sta rivelando prezioso: “Stanno cambiando il nostro modo di vedere come il Sole governa la sua atmosfera e le complesse interazioni del campo magnetico e comprendere la fisica che c’è dietro”.
È tutto talmente complicato che qualsiasi previsione è ancora un azzardo. A cominciare da quelle del ciclo solare, che sta giungendo verso il massimo di attività, previsto per il 2024-2025. Gli eventi estremi, però, sono più probabili alla fine di questa fase: “Statisticamente durante la fase di discesa dell’attività c’è maggiore instabilità, perché si incrociano i due cicli e tipicamente assistiamo a un maggior numero fenomeni, quindi mancherebbe ancora un po’. Ma non è detto che non se ne possano verificare prima. Purtroppo la maggior parte previsioni si rivelano sbagliate”.
Fonte : Repubblica