Se avete un figlio adolescente e questo weekend era davanti al computer probabilmente non stava facendo i compiti: stava giocando a Fortnite.
Anzi, era in fila per prendere parte al grande evento “Fortnite Big Bang”, con il quale si chiudeva una stagione e se ne apriva un’altra, con nuovi scenari in cui combattere.
La fila per accedere ai 10 minuti di show con Eminem variava dalle due alle sei ore per quello che ho potuto vedere. Motivo? I server di Fortnite stavano friggendo per quanti erano gli accessi: non ci sono ancora dati ufficiali ma si parla di circa undici milioni di giocatori simultanei, per un totale che facilmente supererà i 200 milioni.
Ora io mi chiedo: quanti eventi al mondo sono in grado di catalizzare tanta attenzione? La finale dei Mondiale di calcio? La cerimonia di apertura delle Olimpiadi? Ecco, siamo in quel campionato lì, quello degli eventi planetari. Con la differenza che noi adulti, con qualche eccezione, di Fortnite non sappiamo nulla. Dei consumi culturali dei nostri figli non sappiamo quasi nulla (sì, ho detto culturali: i videogame, piaccia o no, sono un fenomeno culturale). E li guardiamo piuttosto con superiorità e diffidenza. Come se fossero una perdita di tempo – a volte effettivamente lo sono – e comunque portatori di valori sbagliati.
Il fatto di fare una “battle royale” con un fucile a pompa non fa dei nostri figli dei futuri serial killer più di quanto aver interpretato i cowboy da bambini abbia fatto di noi degli sterminatori di indigeni; o dei ladri se giocavamo a guardie e ladri.
Lo stesso vale per la letteratura; e per la musica. In questi giorni si è molto parlato dell’influenza nefasta che i testi di certe canzoni rap avrebbero sui giovani. Non sottovaluto il rischio. Ma quando ero ragazzo ascoltavamo Il Cielo in una stanza eppure ci fu lo stesso il massacro del Circeo. E ai tempi in cui è ambientato il film della Cortellesi che poeticamente descrive la società patriarcale dei femminicidi, Rabagliati cantava Briciole d’Amore e Buonanotte Amore Mio. Ma le botte dei mariti non facevano meno male.
Questo per dire che è complicato dire quale è la causa e quale l’effetto del male che ci circonda. Nel frattempo però cerchiamo di parlare di più con i nostri figli.
Fonte : Repubblica