A consegnalo ogni anno in concomitanza con la conferenza sul clima è l’ong ambientalista The Climate Action Network che definisce gli annunci del governo Kishida sulle energie rinnovabili uno specchio dietro al quale si cela il finanziamento di progetti ancora legati a petrolio, gas e carbone. Intanto Tokyo è tra i 20 Paesi che a Dubai hanno espresso l’intenzione di triplicare l’energia prodotta dalle centrali nucleari nel mondo entro il 2050.
Tokyo-Dubai (AsiaNews) – A margine della COP28, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima in corso a Dubai negli Emirati Arabi Uniti, The Climate Action Network conferito il suo riconoscimento “Fossil” (Fossile) al Giappone. Il poco lusinghiero “premio” è stato assegnato al governo del Paese del Sol Levante per aver disatteso le dichiarazioni pubbliche fatte tra i confini nazionali e negli incontri internazionali in cui ha sempre espresso l’intenzione di lavorare sull’energia alimentata da fonti rinnovabili e di procedere alla decarbonizzazione. Alle dichiarazioni non sono seguiti i fatti, secondo il report dell’ong. Il premio infatti viene assegnato ai Paesi considerati inefficienti nell’affrontare le minacce del cambiamento climatico, rispetto alle potenzialità economiche e sociali. Il Giappone è stato il destinatario del riconoscimento “Fossil” già nel 2019, 2021 e 2022. A finire sul banco degli imputati per la prima volta era stato l’ultimo governo di Shinzo Abe (2019), a cui ha fatto seguito l’amministrazione di Yoshihide Suga (2021). A ritirarlo – metaforicamente – per la seconda volta in due anni di mandato ora è l’amministrazione Kishida.
The Climate Action Network critica il Giappone perché “fa confluire una grossa fetta delle sue finanze pubbliche in progetti con al centro i combustibili fossili come petrolio, gas e carbone, responsabili della crisi climatica, invece di finanziare le aree colpite dai danni causati dalle proprie emissioni di gas serra e i progetti in fonti rinnovabili”, si legge nella nota a commento dell’assegnazione, che quest’anno ha toccato anche gli Stati Uniti e alla Nuova Zelanda in occasione della COP28 in corso a Dubai.
Dal canto suo alla conferenza sul clima, il primo ministro Fumio Kishida ha affermato che Tokyo sta lavorando insieme ai Paesi del Sud-Est asiatico per la comune transizione ecologica. Il governo giapponese infatti sta promuovendo una tecnologia che ridurrebbe le emissioni di anidride carbonica nella produzione di energia termica mescolando il prodotto di scarto degli impianti con l’ammoniaca. Processo che per The Climate Action Network non sarebbe “nient’altro che greenwashing. Dalla co-combustione di idrogeno e ammoniaca con combustibili fossili – ha dichiarato in una nota l’ong -, si ottiene solo il mantenimento in funzione delle centrali termoelettriche per un lungo periodo di tempo. Questa spinta politica basata sui derivati del carbonio in tutto il Paese sta ritardando la transizione alle energie rinnovabili, aggiungendo ostacoli al raggiungimento dell’obiettivo globale di triplicare le energie rinnovabili entro il 2030 sancito dalle precedenti COP”.
Il Giappone è un Paese povero di risorse energetiche che derivino dal carbonio, e per questo è dipendente dalle importazioni di carbone e petrolio greggio. Una dipendenza aumentata in particolare dopo il disastro nucleare di Fukushima del 2011, con molte delle sue centrali nucleari rimaste inattive, oltre a quella danneggiata. Su questo fronte sabato a Dubai, più di 20 Paesi, tra cui Giappone e Stati Uniti, hanno promesso di triplicare la capacità di energia nucleare mondiale entro il 2050 per ridurre le emissioni globali di carbonio, secondo la loro dichiarazione. Su questo fronte il governo giapponese aveva già approvato all’inizio di quest’anno un disegno di legge per consentire ai reattori nucleari del Paese di funzionare oltre l’attuale limite di 60 anni e prevede che circa il 20-22% della sua energia proverrà dall’energia nucleare entro l’anno fiscale 2030. La norma mira a garantire un adeguato approvvigionamento energetico al Giappone, dove però l’uso dell’energia nucleare continua a destare preoccupazione tra l’opinione pubblica a seguito dei fatti del 2011.
Fonte : Asia