Michael Phillips del Chicago Tribune ha intervistato la collega Hannah Edgar, critica musicale classica del Tribune e anche eccelsa musicista, per chiederle cosa ne pensa dell’interpretazione di Bernstein da parte di Cooper. Ecco cosa è emerso dalla chiacchierata tra le due firme del Chicago Tribune a proposito del film “Maestro” in cui Bradley Cooper è uno one man band: regista, produttore, co-sceneggiatore (con Josh Singer) e protagonista
Michael Phillips del Chicago Tribune ha intervistato la collega Hannah Edgar, critica musicale classica del Tribune e anche eccelsa musicista, per chiederle cosa ne pensa dell’interpretazione di Bernstein da parte di Cooper. Ecco cosa è emerso dalla chiacchierata tra le due firme del Chicago Tribune a proposito del film Maestro in cui Bradley Cooper è uno one man band: regista, produttore, co-sceneggiatore (con Josh Singer) e protagonista.
Insomma, Bradley Cooper è ovunque in Maestro. Sul set, come attore, si cala nella parte super affascinante di un uomo che ha vissuto una vita tanto incredibile quanto caotica. La performance di Cooper nel ruolo di Leonard Bernstein – musicista, compositore, direttore d’orchestra, educatore – è affiancata da un’altrettanto eccezionale interpretazione femminile, quella di Carey Mulligan che si cala nei panni della seconda moglie di Bernstein, l’attrice Felicia Montealegre.
La pellicola offre un interessante focus sulla vita del Maestro messo a titolo. È un film molto impegnativo, che ha richiesto ben sei anni di preparazione del regista per la scena centrale, quella che raffigura l’attacco “antico” (parola usata da Edgar, la critica musicale del Chicago Tribune) di Cooper-Bernstein alla Seconda Sinfonia di Mahler, immortalato in un’unica ripresa.
Maestro è ora in uscita limitata nei cinema in vista della sua prémiere su Netflix (visibile anche su Sky Glass, Sky Q e tramite la app su Now Smart Stick) il prossimo 20 dicembre.
Maestro probabilemnte replicherà il successo dell’esordio alla regia di Cooper A Star is Born
Si tratta del secondo film diretto da Cooper, che ha avuto la sua prima mondiale al Festival Internazionale del Cinema di Venezia lo scorso settembre. Segue l’enorme successo del suo remake di A Star is Born, uscito cinque anni fa e acclamato da critica e pubblico.
Per questa sua nuova fatica cinematografica, Cooper ha analizzato innumerevoli ore di nastri video e audio del soggetto reale, Bernstein appunto, per riuscire a ricreare una cadenza vocale il più vicino possibile a quella di Leonard Bernstein.
“Dopo la recente proiezione stampa, ero desideroso di sedermi con Hannah Edgar, critica musicale classica del Tribune, e sentire cosa avevano da dire in proposito. Nel 2018, Edgar, anche musicista, trascorse un’estate ad assistere alla cura della mostra itinerante per il centenario di Leonard Bernstein sotto l’egida degli Archivi della New York Philharmonic”, scrive Michael Phillips del Chicago Tribune. “Abbiamo parlato di alcune reazioni iniziali all’incarnazione di Bernstein da parte di Cooper””.
Maestro inizia nel 1943, in bianco e nero, con un Leonard Bernstein di 25 anni, a letto con un amante maschio. Riceverà una telefonata mattutina che cambierà radicalmente la sua carriera: gli viene chiesto di sostituire, senza avere il tempo materiale per fare delle prove, il collega Bruno Walter (che si è ammalato). Questo segnerà il debutto memorabile di Bernstein con la New York Philharmonic al Carnegie Hall.
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Hannah Edgar: “Maestro esplora come la musica di Bernstein ti fa sentire”
Hannah Edgar, la critica musicale del Chicago Tribune, spiega al collega Phillips (critico cinematografico della medesima testata giornalistica) che il film “Maestro, invece di guidarti meccanicamente attraverso gli eventi della vita di un individuo, esplora come la musica di quell’individuo ti fa sentire. Per me, gli elementi fantastici di Maestro sono stati i più forti. E vederli più o meno abbandonati a metà, una volta che il film diventa a colori, è stato un po’ deludente per me. Nelle prime scene in bianco e nero vediamo la vita di Bernstein che si svolge (metaforicamente) quasi come se vivesse nei corridoi di un teatro o di una sala da concerto”, spiega Edgar.
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Bernstein viveva al Dakota, il palazzo “maledetto” di New York
“Ho amato molti dei dettagli. Vivevano al Dakota al 72° Street e Central Park West a New York, proprio lungo il percorso della parata del Giorno del Ringraziamento di Macy’s, e ho adorato vedere il grande Snoopy fluttuare quando Leonard e Felicia stavano avendo questa epica lite”, spiega Edgar.
Bernstein abitava al Dakota Building, il palazzo di New York caratterizzato da una fama piuttosto “maledetta”, collegato com’è ad avvistamenti di spettri, extraterrestri, cose stranissime e, purtroppo, indissolubilmente legato all’omicidio di John Lennon avvenuto l’8 dicembre 1980 per mano di Mark David Chapman, che ha sperato cinque colpi di revolver all’ex cantante dei Beatles, ferendolo a morte, mentre stava rincasando al Dakota (dove abitava con Yoko Ono) per dare la buona notte al figlioletto Sean, che all’epoca aveva cinque anni.
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Fonte : Sky Tg24