Organizzava finti provini e casting per film inesistenti, attirando giovani aspiranti attrici, ignare di tutto, di cui poi abusava. Per questo C.M., un regista di
51 anni, è stato condannato a Roma ad 11 anni e 9 mesi per violenza sessuale ai danni di 8 ragazze. Per questa vicenda l’imputato, che si spacciava per regista, venne arrestato dai carabinieri nell’agosto del 2020 per poi tornare libero durante il processo per scadenza termini.
Oggi i giudici della quinta sezione penale del tribunale di Roma gli hanno comminato una pena superiore a quella chiesta dalla Procura, che aveva sollecitato una condanna a 9 anni.
La ricostruzione
Il sedicente regista, secondo l’accusa, tra il 2019 e il 2020 avrebbe compiuto le violenze su 8 ragazze a Roma. Il ‘modus operandi’ come emerso dalle indagini, era sempre lo stesso: l’uomo, come riportato nel capo di imputazione relativo a otto diversi episodi, ”fingendo di essere il regista incaricato” da una società, ”soggetto giuridico inesistente, per effettuare un casting di film, si attribuiva un falso nome e una falsa qualità professionale, traendo in inganno le vittime e costringendole con violenza a subire atti sessuali”.
L’uomo, stanno alle ricostruzioni, incontrava le aspiranti attrici inizialmente in un luogo pubblico e poi per provare una scena le invitava a casa. Il procedimento è nato dopo la denuncia presentata da dodici ragazze. Il regista è stato dichiarato dal tribunale capitolino interdetto in perpetuo dai pubblici uffici.
“Il ‘me too’ italiano”
Nel procedimento si è costituita parte civile l’associazione ‘Differenza donna’. ”Questa sentenza rappresenta una nuova era, l’era del ‘me too’ italiano – commentano l’avvocato Teresa Manente e la collega Marta Cigna, di ‘Differenza Donna’ – un movimento che parte dalla forza delle donne del mondo dello spettacolo dalla loro consapevolezza dei loro diritti negati, delle molestie e violenze sessuali che restano ancora invisibili. Un movimento che ha preso forma e voce anche nel nostro Paese grazie alla determinazione di tante donne attrici e aspiranti attrici come le 12 parti offese di questo processo seguite e sostenute dall’associazione ‘Differenza Donna’ che si è costituita parte civile nel processo e che insieme all’associazione ‘Amleta’ lotta per svelare la gravità e la diffusione di molestie e violenza sessuale in questo contesto dove permangono stereotipi e pregiudizi sessisti”.
“Le violenze e le molestie sessuali che le parti offese hanno subito durante provini approfittando della situazione di potere sono crimini che vanno puniti. Vogliamo dire a tutte le giovani donne attrici o aspiranti attrici che è reato chi viola la nostra libertà di autodeterminazione e sessuale e chi sfrutta il proprio potere per indurci a subire e a tacere” concludono.
Fonte : Roma Today