Carne coltivata, perché il divieto non può entrare in vigore

La contestata legge su divieto di vendita e produzione della carne coltivata, approvata dal Parlamento a novembre, non è ancora entrata in vigore e non potrà esserlo fino a quando non avrà ottenuto il via libera dell’Unione europea. Il provvedimento fortemente voluto dalla destra, in nome della sovranità alimentare, non è nemmeno stato inviato al Quirinale per ricevere la firma del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che segna l’ultimo passaggio dell’iter legislativo prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

Già a ottobre, per paura di una bocciatura da parte della Commissione europea, il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, aveva dovuto chiedere la revoca della notifica a Bruxelles di quello che ancora era solo un disegno di legge, prima che arrivasse alla Camera per il voto finale. Se non lo avesse fatto, molto probabilmente, il testo non sarebbe ancora stato approvato dal Parlamento e il governo Meloni non avrebbe potuto esultare come ha fatto lo scorso 16 novembre, quando il disegno di legge ha incassato il via libera del Parlanento.

Ma nonostante i festeggiamenti, la legge sulla carne coltivata non può essere applicata fino a quando non sarà l’Unione europea a dirlo. Il motivo è che potrebbe violare le norme che regolano il nostro mercato unico e, in base ai trattati di adesione, tutti gli stati membri devono sottostare al parere della Commissione e degli altri paesi su qualsiasi progetto di regolamentazione tecnica che vada a ostacolare la libera circolazione delle merci.

Prima ancora di questo passaggio, la Commissione può fornire dei “pareri circostanziati” e “commenti” sulla norma in esame, a cui gli stati sono obbligati a rispondere e a tenerne conto prima dell’adozione definitiva del provvedimento. Nel caso del divieto sulla carne coltivata, uno stop da parte della Commissione è molto probabile, perché va proprio a ostacolare la libera circolazione delle merci e si configura come un divieto preventivo, andando a interviene su un prodotto che ancora non esiste e non si vende in nessun paese europeo.

Sembra proprio che per tutte queste ragioni, come riporta Repubblica, il governo Meloni stia ritardando l’invio del testo a Bruxelles per l’esame finale, che potrebbe comportare l’ammissione di una sconfitta su quella che è diventata ormai una legge bandiera del governo e, soprattutto, del ministero dell’Agricoltura e della Coldiretti, prima sostenitrice del progetto.

Fonte : Wired