Dubai (Emirati Arabi) – È stato raggiunto oggi l’accordo sui dettagli operativi del fondo sul loss and damage (il fondo per le perdite e i danni). Si apre così, con un annuncio importante, la prima giornata di Cop28, la Conferenza delle parti delle Nazioni unite sul clima. Mai accaduto tanto presto, commentano negoziatori di lungo corso. Ci è voluta, trapela, una nottata di negoziazioni
Il fondo era stato deciso l’anno scorso al vertice di Sharm El Shekh. Per dodici mesi si è lavorato a una bozza di testo da presentare negli Emirati Arabi. Oggi l’accordo è stato trovato ufficialmente, e sono arrivate anche le promesse da parte degli Stati. Perché, una volta creato il contenitore, è importante riempirlo di denari.
Che cos’è il loss and damage
Il loss and damage è la terza gamba della finanza climatica. Si tratta, in sostanza, delle compensazioni per i paesi più colpiti dagli eventi estremi. Vietato usare la parola “risarcimenti”, come da sempre sottolineato dagli Stati Uniti. Secondo Washington, non si può guardare al passato alla ricerca di responsabilità. E infatti, secondo quanto si apprende da fonti negoziali, l’amministrazione di Joe Biden mette un obolo (17 milioni di dollari) che rappresenta poco più di una cifra simbolica. Ben altre promesse hanno fatto gli Emirati Arabi (cento milioni), con il paese del Golfo che incassa un successo che è anche di immagine: dopo le critiche dei giorni scorsi (è tra i più grandi produttori di petrolio, il presidente di Cop Al Jaber è amministratore delegato dell’azienda nazionale di estrazione del greggio), il governo non si è lasciato sfuggire l’occasione di segnare un punto. I soldi, del resto, a queste latitudini non sono un problema, come è evidente dallo skyline di Dubai e dallo sfarzo del sito in cui la kermesse si tiene.
Cento milioni di dollari ha promesso anche la Germania, quaranta milioni di sterline (cioè 50 milioni di dollari) il Regno Unito, con altri venti che arriveranno in forma di altri impegni sullo stesso tema. Il Giappone annuncia dieci milioni di dollari. Ora si attendono gli altri impegni; a partire da quelli dei grandi inquinatori. L’Unione europea alla vigilia aveva annunciato un contributo sostanzioso; adesso è il momento di scoprire le cifre, che arriveranno nei prossimi giorni.
I dettagli operativi del nuovo fondo
Come già dalla bozza preliminare, il fondo sarà ospitato per quattro anni dalla Banca Mondiale, una scelta contestata da attivisti e Global South, visto il ruolo predominante che vi giocano i Paesi occidentali. Il presidente dell’organizzazione Ajay Banga aveva già dichiarato in passato di essere consapevole dell’importanza che nel consiglio direttivo trovi posto una significativa rappresentanza dei paesi del cosiddetto G77, un gruppo di Stati particolarmente colpiti dai disastri del clima. Dal punto di vista operativo, si è stabilito che il nuovo contenitore dovrà essere riempito con “almeno” cento miliardi l’anno entro il 2030. I paesi in via di sviluppo chiedono quattrocento miliardi. Secondo uno studio pubblicato questa settimana, il loss and damage pesa per 1500 miliardi di dollari l’anno.
La contribuzione sarà volontaria. Ai denari potranno accedere tutti i paesi in via di sviluppo, con una percentuale di allocazione minima per quelli particolarmente in difficoltà e le piccole isole. “E’ un accordo storico per cui si è combattuto tanto” ha commentato l’inviato speciale per il clima delle Barbados Avinash Persaud. Ma Pa’olelei Luteru, presidente dell’Alleanza per i piccoli stati insulari (Aosis) frena gli entusiasmi: “Il lavoro è lontano dall’essere finito. Quando Cop28 sarà terminata, non potremo riposarci fino a che il fondo non sarà adeguatamente finanziato. Sarà un successo quando la comunità internazionale supporterà in maniera appropriata le vittime della crisi climatica con accesso diretto ed efficiente alle risorse di cui hanno bisogno”. Harjeet Singh, a capo della strategia climatica della rete Climate Action Network International, sottolinea l’assenza di un programma chiaro per le contribuzioni future, che “metterà seriamente a rischio la sostenibilità del fondo nei prossimi anni”. Ma si tratta di un primo passo, in linea con i tempi lunghi di una conferenza globale in cui si contrappongono interessi spessi agli antipodi.
La promessa di lavorare sulle fonti fossili
La giornata di giovedì si era aperta con la cerimonia di inaugurazione di Cop28. Il discorso del presidente Al Jaber aveva aperto, in maniera inaspettata, a una ridiscussione sul ruolo futuro delle fonti fossili. Il tema è lo stesso da anni: l’eliminazione (il cosiddetto phase out) di carbone, greggio e gas naturale a livello globale. Sarebbe un paradosso, in un petrol-stato la cui economia è basata sul settore estrattivo. Sarà interessante vedere fino a che punto si spingeranno i lavori.
“Guiderò la Cop nella maniera più inclusiva possibile” ha affermato Al Jaber. “Non abbiamo scelta se non percorrere strade non convenzionali. Dobbiamo essere flessibili, e non perdere la stella polare del mantenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi”. Anche “coinvolgendo in maniera proattiva le società che si occupano di oil and gas”. Programma ambizioso. C’è da sperare che le sorprese non siano finite. Venerdì e sabato sfileranno i leader, poi la palla passerà agli sherpa per le negoziazioni vere e proprie.
Fonte : Wired