Il fenomeno migratorio è da sempre tema di ogni campagna elettorale, eterna emergenza per chi non riesce a pianificare politiche migratorie, ma è soprattutto, ancora oggi, un mezzo attraverso il quale le organizzazioni criminali riescono a guadagnare denaro sulla pelle dei migranti che cercano lontano da casa una vita migliore: un traffico di esseri umani che è la negazione di ogni diritto. Al Wired Next Fest 2023 a Firenze si è parlato dell’argomento con Fabrizio Gatti, giornalista e autore di inchieste sotto copertura, tra cui quella che ha poi portato alla pubblicazione del libro Bilal, che racconta quattro anni di viaggio da infiltrato lungo la rotta migratoria del Mediterraneo centrale, opera da cui è liberamente tratta la nuova serie Unwanted – ostaggi del mare, prodotta da Sky Studios, Pantaleon Films e Indiana Production.
“Quando ero partito non ero molto consapevole della profondità dell’abisso in cui mi sarei addentrato – racconta Gatti -. C’è una frase bellissima nella serie in cui il capitano di questa nave da crociera che raccoglie questi migranti dal mare dice ‘Io non ho fatto il mio dovere ma ho fatto la cosa giusta’. Ecco, per me è stato un po’ così. Ho dato nomi finti e per questo sono stato giustamente processato davanti a un Tribunale tre volte per il mio lavoro da finto migrante perché non ho fatto il mio dovere: da giornalista, se non si è in pericolo di vita, bisogna presentarsi, dare il nome e dire la professione, ma ritenevo, e ritengo tuttora, di aver fatto la cosa giusta perché solo in quel modo è stato possibile entrare dentro il palcoscenico di questo fenomeno. Questo salto mi ha permesso di avvicinarmi alle persone, che è stato il dono più bello di questi 36 anni di attività come giornalista”.
A interpretare il personaggio principale della serie tv, ovvero il comandante Arrigo Benedetti Valentini, è l’attore Marco Bocci, diretto da Oliver Hirschbiegel, celebre regista tedesco divenuto famoso grazie anche a pellicole come La caduta – Gli ultimi giorni di Hitler: “È stata una delle esperienze lavorative più complicate e difficili della mia vita. Tutti sentivamo addosso la responsabilità di quello che stavamo mettendo in scena, capivamo che non era solo una serie. La forza di quello che raccontavamo diventava in maniera diretta fondamentale anche per noi. Tutti ci mettevamo passione”. Secondo entrambi gli ospiti la serie tv andrebbe guardata in lingua originale. Per Gatti ad esempio “la lingua è l’ultimo confine che ci portiamo addosso, comunicare nonostante la barriera linguistica diventa qualcosa di straordinario”. Bocci parla anche di un maggiore coinvolgimento nella storia anche grazie “allo sforzo che si fa per comprendersi parlando ognuno la propria lingua”. In tutti i personaggi comunque, come sottolinea l’attore, “scatta qualcosa: non credo che sia un passaggio solo narrativo, di fronte a certe cose puoi rimanere distaccato solo se le vedi da lontano”.
Grazie anche ai personaggi femminili nella serie si scopre l’esistenza di una difficoltà nella difficoltà. Il viaggio verso l’Europa è infatti molto più crudele per le donne: “Il personaggio di Sofia racchiude le personalità di due persone reali che sono state con me durante il viaggio – precisa Gatti -. Per le donne il viaggio è ancor più terribile: gli uomini se non hanno il denaro diventano schiavi ma le donne lo pagano con il loro corpo. In tante dicevano di voler essere un mostro per non essere guardate e violentate. In quella migrazione dopo un po’ tutti si rendono conto di essere prigionieri di quella geografia e di quella struttura criminale che guida quel viaggio. Il grande pericolo per le donne è rappresentato anche dalle malattie, per molte di loro il viaggio si è fermato lì”.
Fonte : Wired